Il figlio dell'orefice ucciso: "La verità su mio padre. Chiudiamo questa pagina nera"

Alberto Torregiani ha collaborato al film sull’attentato dei Proletari Armati per il Comunismo di 43 anni fa: "Finalmente emerge che papà Pierluigi non era uno sceriffo"

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Milano - «Mio padre non era uno sceriffo, come fu dipinto da alcuni all’epoca, ma una persona normale: il film serve anche per ristabilire la verità su questa parte delle storia, per raccontare chi era veramente". Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi, gioielliere milanese ammazzato da un commando dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac) il 16 febbraio 1979, ha collaborato in prima persona alla realizzazione del film di Fabio Resinaro “Ero in guerra ma non lo sapevo”, ieri sera (anniversario del delitto) in onda su Rai Uno. Nel cast Francesco Montanari nei panni del gioielliere, Laura Chiatti, che interpreta la moglie, Juju Di Domenico, Alessandro Di Tocco. La storia di una doppia tragedia. Alberto Torregiani, presente durante l’attentato contro il padre e colpito da un proiettile, è rimasto infatti paralizzato. Qual è il suo giudizio su questo film? "Vederlo al cinema, prima dell’approdo in tv, è stato emozionante. Alcune parti necessariamente sono più romanzate ma la scena della rapina e quella dell’attentato sono realistiche al 99%. La figura di mio padre emerge per quello che era: non uno sceriffo, come fu dipinto da alcuni, ma una persona normale. Viene raccontata la storia di una famiglia che si trova catapultata in una situazione difficile da immaginare". Che ricordo lascia suo padre? "Quello di un genitore autoritario, severo ma anche dolce. Una persona con una vita normale". Quel 16 febbraio di 43 anni fa la vita di suo padre fu spazzata via. "Quell’evento resta ovviamente indelebile nella mia mente, anche se in tutti questi anni sono riuscito a superare il trauma". La sua è anche la storia di una battaglia per la giustizia. Ora Cesare Battisti, condannato all’ergastolo anche per l’omicidio di suo padre, è in carcere dopo la lunga latitanza. "Il fatto che finalmente sconti la pena è per noi un motivo di sollievo. Ci siamo tolti un peso. Ora che resti in carcere, senza scappatoie". Per altri militanti dei Pac, come Luigi Bergamin, è ancora in corso in Francia il procedimento per l’estradizione. "La nostra preoccupazione è che si trovi qualche cavillo per evitare che scontino la pena, per pressioni politiche e sociali. In Francia si è mobilitata a loro favore una parte dell’intellighenzia. La ministra Cartabia sta facendo un buon lavoro, l’estradizione aiuterebbe a chiudere un capitolo di questa pagina nera". Ci sono ancora punti da chiarire? "Chi c’era dietro i terroristi, i collegamenti. Forse chi finora non ha parlato potrebbe aiutare a fare luce su alcuni aspetti".  

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