Addio a Onida, maestro coraggioso Dall’aula al volontariato in carcere

ll ricordo di Marilisa D’Amico: "Innamorata del Diritto costituzionale grazie a lui. Per me è stato come un padre"

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di Simona Ballatore

Lo ha conosciuto tra i banchi di via Festa del Perdono, nel corso di Diritto costituzionale: era il 1983. Il professore Valerio Onida era appena arrivato alla Statale e lei, Marilisa D’Amico, era una studentessa di Giurisprudenza preparata e curiosa: alla fine del percorso scelse di laurearsi proprio con lui, con una tesi coraggiosa sulle “decisioni manipolative in materia penale“. Da allora Onida è sempre stato presente: maestro, consigliere, “bussola“ - anche quando la pensavano in modo diametralmente opposto - nonché suo testimone di nozze. Oggi Marilisa D’Amico insegna la sua stessa materia all’Università degli Studi di Milano, dove è anche prorettrice con delega alla Legalità e alla Parità dei Diritti.

Il primo ricordo?

"Sui banchi dell’ateneo. Era appena arrivato e aveva inaugurato un corso di Giustizia costituzionale molto innovativo per l’epoca, basato sui casi pratici. Da lì ho iniziato a seguirlo come allieva".

Com’era il prof Onida?

"Incredibile. Dava spazio soprattutto ai giovani, stava ad ascoltare più le loro idee di quelle dei colleghi più anziani. Poteva stare ore e ore a parlare con gli studenti e aveva un’attenzione particolare soprattutto verso chi era più in difficoltà, aiutava tutti. E incoraggiava tantissimo le tesi innovative. Lo ricordo anche nei primi libri che ho scritto. Mi sono appassionata al Diritto costituzionale grazie a lui".

Poi da allieva è diventata collega.

"I primi anni in cui lavoravo in università avevo iniziato a lavorare un po’ anche in un suo studio di Milano, molto importante è bello. Anche professionalmente i suoi insegnamenti sono stati fondamentali. Una cosa mi ha sempre colpito di lui: anche quando aveva pochissimo tempo, trovava comunque il modo di dedicarsi alle persone che aveva davanti. Una dote molto bella e difficile da emulare. E in ogni tratto della sua esperienza professionale emergeva la sua genialità, accompagnata sempre a un’umanità molto profonda".

Qual è il segno più importante che ha lasciato, a suo parere, da presidente della Corte Costituzionale?

"Si è distinto per le pronunce molto innovative che lasciavano spazio all’interpretazione conforme alla Costituzione. Ricordo alcune sentenze in tema di ordinamento carcerario, per esempio. Finito il mandato, ha fatto anche il volontario a Bollate per aiutare i detenuti a difendersi, in relazione ai loro diritti, che aveva riconosciuto quando era alla Corte Costituzionale. E poi ricordo le due decisioni sull’articolo 68 e sul nesso funzionale tra quello che uno dice alla Camera e fuori, per porre un freno all’abuso dell’insindacabilità da parte dei parlamentari. Come pure la sentenza che apre la strada del riconoscimento delle azioni a sostegno delle donne in materia elettorale, nel 2003".

Era professore emerito della Statale: non ha mai lasciato la sua università?

"Ha partecipato fino all’ultimo a convegni e seminari, sempre con la stessa voglia di parlare e confrontarsi che aveva quando ha cominciato a insegnare. Era rimasto legato alla sua università e anche alla città. Ricordo la sua candidatura a sindaco di Milano nel 2010, ma anche il suo sostegno quando sono stata eletta consigliera comunale io. Era molto orgoglioso del regolamento per le società partecipate che ho fatto con Pisapia sindaco, incentrato sul principio della trasparenza, delle pari opportunità e del merito nelle scelte del Comune. Un regolamento scritto sulla base di uno studio e col supporto proprio di Onida".

Non siete stati sempre dalla stessa parte però.

"Ci siamo trovati su fronti proprio opposti. Ricordo il referendum costituzionale del 2016: io ero per il sì, lui era per il no (Onida aveva presentato anche ricorso al Tribunale civile di Milano per chiedere di sollevare l’eccezione di legittimità costituzionale, ndr). Ma mi sono sempre sentita libera di fare le mie scelte, come tutti i suoi allievi. E credo che anche questo sia merito suo e sia positivo per un’università: ha creato una scuola di pensiero, non un gruppo chiuso e autoreferenziale".

L’ultimo ricordo dell’amico Valerio.

"Con le persone attorno era affettuosissimo e rigoroso. Se non era d’accordo non faceva finta di niente e in certi momenti era anche severo. Con me ha sempre capito quando ero in difficoltà e avevo bisogno di un sostegno. L’ho scelto anche come testimone di nozze. Per me è stato quasi un padre".

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