MASSIMILIANO MINGOIA
Milano

Benvenuti nel mondo di Caparezza, “Exuvia’’ tra sogni ed incubi

"Due ore e un quarto di vacanza dalla realtà, anzi di teletrasporto nella mia realtà"

Caparezza stasera in Piazza Sordello a Mantova

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Benvenuti a Prypiat. Il disagio di non riconoscersi nel mondo circostante spinge Caparezza ad inventarsene uno contaminato, sinistro, e popolato di misteriose creature come quello della città fantasma ingoiata dalla “zona di alienazione” attorno alla centrale di Černobyl’. Un mondo alla fine del mondo, con sogni in alta definizione ed incubi di cartapesta, che il rapper molfettano trasporta questa sera al Milano Summer Festival di San Siro e il 12 agosto alla Festa di Radio Onda d’Urto di Brescia trasformandosi ora in un enorme mollusco ora nel Cappellaio Matto, tra i sussurri e le inquietanti presenze di quella selva oscura in cui si dipanano le storie raccontate nell’ultimo album “Exuvia”.

"Due ore e un quarto di vacanza dalla realtà, anzi di teletrasporto nella mia realtà", le definisce lui, che tra metamorfosi kafkiane e debordanti proiezioni del proprio io teatralizza soprattutto quest’ultima fatica discografica, da cui tornano una dozzina di momenti "perché, grazie al pubblico, in scena mi è concesso ancora di puntare sul nuovo evitando il “greatest hits’’". “Contronatura” è caratterizzata dall’irruzione prima di un dragone cinese e poi di una cavalletta gigante, in “Campione dei novanta” l’idolo pugliese, al secolo Michele Salvemini, racconta il fallimento della sua prima incarnazione Mikimix trasformando in gogna una riproduzione extra large dell’audiocassetta del demo originale. Il largo utilizzo di macchine teatrali spazia dal castello di carte “Una chiave” ai fiori gonfiabili di “Ti fa stare bene”, dalla statua del Dio Cicala (la cicala sputacchina, temuto veicolo di diffusione della Xylella negli uliveti del Sud) di “Vieni a ballare in Puglia” al fungo gigante di “Il mondo dopo Lewis Carroll”, “Vengo dalla luna” si concede una divagazione ariostesca con l’ingresso in scena di Astolfo a cavallo dell’Ippogrifo.

"Il mio spettacolo è sì di matrice rock, ma parla anche il linguaggio del rap – dice “Capa” –. Non mancano momenti recitati, quindi di teatro, e ci sono scenografie mobili neanche fossimo sul palco dell’Aida. Il risultato dei diversi tentativi fatti nel corso della mia vita artistica". Glorioso l’epilogo. "Con “Fuori dal tunnel’’ ci avevo quasi litigato, poi mi sono reso conto che era stato il mio vero rito di passaggio e così ogni sera la dedico al pubblico nella speranza che ognuno possa trovare il proprio, com’è successo a me".