REDAZIONE MANTOVA

Sull’antica via del tartufo Mantova scopre un tesoro

La sua valorizzazione fa volare anche l’export di Tommaso Papa

Il tartufo bianco è raro e apprezzatissimo

Mantova, 26 ottobre 2015 - Nella Lombardia che punta sull’agroalimentare si consolida e il distretto del tartufo bianco mantovano. La strada del tartufo, o valle del tartufo, si snoda nell’estrema propaggine orientale della regione, quella lingua PRELIBATO Il tartufo bianco (a destra) è raro e apprezzatissimo: attualmente viene venduto a circa 2.500 euro al chilo, ma lo si è pagato anche 6.500 euro; sopra, un cane addestrato alla ricerca in azione nel mantovano, dove la caccia all’oro bianco è ormai consolidataschiacciata tra il Veneto a Nord e l’Emilia a Sud. Borgofranco, e in particolare la sua frazione di Bonizzo, è diventata la minuscola capitale di questo suggestivo comparto economico, nato a imitazione dell’esempio di Alba e delle Langhe, divenute nel tempo un brand. Proprio a Bonizzo si è chiusa da poco con diecimila presenze Tuberfood, la fiera nazionale dedicata al prezioso vegetale (il prezzo attuale di quello bianco, il più pregiato, si aggira sui 2.500 euro al chilo).

E sempre in questa terra lontana da tutte le rotte tradizionali è approdato a fare da testimonial lo chef italoamericano Bruno Serato, cuoco delle celebrity hollywoodiane ed eroe della Cnn perché ogni giorno regala un piatto di pasta a 1.500 bambini sfortunati della Orange County. Con lui, ma non solo, la Valle del Tartufo, ha approfittato della vetrina internazionale di Expo 2015, e prima di quella del Festivaletteratura. Traguardi significativi, se si pensa che vent’anni fa, quando l’avventura della strada dei tartufi è iniziata, Borgofranco e dintorni erano tra le aree dimenticate della Pianura padana. «Qui in realtà la tradizione del tartufo è antichissima, favorita dai terreni sabbiosi delle golene del Po – racconta Gabriele Manservisi, project manager di Tuberfood– Nel museo di Bonizzo dedicato al tartufo conserviamo tesserini per la raccolta risalenti al 1800 e al 1830. Lo sviluppo del commercio è avvenuto dall’inizio del Novecento quando da qui il tartufo bianco veniva portato a Milano».

La storia ha corso più veloce dalla metà degli anni Novanta, quando è nato il Distretto al quale oggi aderiscono 14 comuni. «In questi 20 anni l’economia del tartufo ha funzionato – continua Manservisi –. Ristoranti che stavano per chiudere si sono riconvertiti e ora sul territorio ce ne sono tantissimi con menù basati sul nostro tubero. A Bonizzo è nata la prima azienda di export di tartufi della zona in tutto il mondo, in particolare in Nord America».

È cresciuto anche il numero dei raccoglitori. In provincia di Mantova i ‘tesserati’ sono 200 e crescono al ritmo di una decina l’anno. «Ora i soci nel Distretto sono un’ottantina – spiega Paolo Papazzoni, presidente dell’associazione tartufai – ma siamo arrivati fino a cento». Papazzoni non tace sulle ombre che minacciano lo sviluppo del settore: «Il tartufo bianco non è coltivabile, ma il nostro sforzo è quello di implementare le specie vegetali sotto le quali cresce, i pioppi ad esempio. Sul tartufo nero, coltivabile, invece l’Italia e la Lombardia sono indietro, mentre Francia e Spagna corrono».