
Susy Frankl, Paolo Rampi e Larry Wais, marito di Susy
Mantova - Per salvarli dallo sterminio hanno dato la loro casa e persino il proprio cognome, rischiando la vita. Tra le storie di tanti Schindler sconosciuti o semisconosciuti che hanno sottratto gli ebrei alla furia nazifascista, ce n’è anche una ambientata a Mantova. È quella di Francesco Rampi e Luisa Ungar, due giovani coniugi con una figlia appena nata, che tra il 1943 e il ’44 sono riusciti con successo a proteggere - anche con l’aiuto di concittadini coraggiosi e solidali - una famiglia di 5 persone di religione ebraica fuggita da Fiume. La vicenda dei due ’Giusti‘ virgiliani è al centro di un libro scritto dallo storico Frediano Sessi, appena uscito per Einaudi. Il titolo è ‘Sotto falso nome’.
Il racconto del figlio
"Mio padre e mia madre mi avevano parlato di questi fatti ma senza una particolare enfasi. In fondo sorvolavano quasi a proposito del loro ruolo nella vicenda - racconta Paolo Rampi, figlio dei due protagonisti - Ho qualche rammarico per non aver approfondito prima le ricerche perché molti testimoni diretti non ci sono più". Tuttavia la storia è stata ricostruita nei dettagli e assomiglia a un film, anche se è vera. Paolo Rampi oggi è un affermato industriale del settore chimico; nato nel 1947, ha raccolto testimonianze dirette e indirette di quello che successe in quei cupi anni di guerra. "Mio padre era di Faenza ed è arrivato a Mantova come agente di una compagnia d’assicurazione nel ‘42, assieme alla mamma insegnante, originaria di Fiume, che allora era ancora italiana. Avevano appena avuto una figlia, mia sorella Maria Anita, quando papà venne richiamato alle armi e mandato in Sardegna. Mia madre era tornata in Istria con la bambina, ospite della mamma vedova".
Il riparo mantovano
A Fiume Luisa ritrova una sua amica d’infanzia, Liselotte ’Lili‘ Gizelt, che ha 29 anni ed è sposata col dentista austriaco, Robert Frankl. Sono entrambi ebrei e sanno che a Fiume sulla loro comunità, sta per scatenarsi una tempesta. Nella regione è arrivato uno ‘specialista’ dell’Olocausto, il gruppenführer Odilio Globocnick, famigerato per il ‘lavoro’ a Sobibor e Treblinka. Che fare? Per salvare l’amica e la famiglia di lei, Luisa Ungar, d’accordo col marito, le dice di fuggire a Mantova e di rifugiarsi nella casa di viale Gorizia 6 (un appartamentino al piano terra di una zona che allora era estrema periferia). A lei e a Robert raccomanda di farsi passare con tutti per ‘i coniugi Rampi’. Dà loro anche la tessera annonaria intestata alla propria famiglia. I coniugi fiumani accettano, presto seguiti da padre, madre e fratello di lei (il dottor Massimiliano Gizelt, la moglie Erna Wolfshon e il loro figlio Carlo). Sono cinque sconosciuti che potrebbero destare sospetti e delazioni. Invece lo stratagemma funziona per più di un anno.
Il silenzio dei vicini di casa
Un ruolo non marginale lo ricoprono i vicini di casa. All’epoca nella palazzina (abbattuta negli anni Sessanta col boom edilizio) vivevano sei famiglie. Sapevano ma nessuno rivelò il segreto. Paolo Rampi, che in viale Gorizia è rimasto fino ai 13 anni, li conosceva tutti e ha avuto molte conferme: "C’erano i Ricci, Mario con la moglie Maria; i Bellini con Olinto esplicitamente antifascista e la moglie Ebe, Carlo ed Annita Scaini. È più che probabile che i vicini si fossero accorti dello scambio. I loro figli e nipoti sanno di quell’episodio e lo conosceva anche la cugina di mia madre Valnea Curatolo, di Fiume. Mi disse che aveva saputo da Luisa che i Gizelt erano nascosti nella casa di Mantova. Aggiunse che non aveva avuto cuore di dire alla mamma quale pericolo stesse correndo".
Il destino della piccola Susy
Anche Susy Frankl, figlia dei coniugi in fuga, nata nel 1946, aveva sentito raccontare dalla mamma del rischioso esilio mantovano. L’epilogo della storia di Lili e Robert è in chiaroscuro: nel ‘44 lasceranno Mantova e si salveranno. Resteranno sempre amici dei Rampi fino alla scomparsa precoce di lui nel 1956 e di lei nel 1959. Francesco e Luisa avrebbero voluto prendere con loro la figlia degli amici, rimasta sola, ma Susy venne adottata negli Usa e ora vive a New York, senza mai aver reciso i legami con i discendenti dei ‘buoni samaritani’ di Mantova.