MARIA GRAZIA LEPORATI
Cronaca

I murales, ossia la creatività che unisce tutti

Un progetto scolastico che parla di inclusione: quindici classi hanno collaborato con Mono Hector Carrasco

Un murale non è solo un dipinto: è un messaggio di libertà

Un murale non è solo un dipinto: è un messaggio di libertà

Un murale non è solo un dipinto su una parete: è un messaggio, un’idea che prende forma e colore. E proprio con questa consapevolezza, nel 2024, la scuola primaria Maria Gonzaga di Sant’Antonio (MN) ha dato vita a un progetto straordinario che ha coinvolto tutte le classi e ogni singolo alunno. Un’iniziativa di grande impatto, che ha visto come maestro-protagonista anche l’artista cileno Hector “Mono” Carrasco, noto muralista di fama internazionale.

Prima di iniziare a lavorare sul progetto, Carrasco ha voluto incontrare tutti i bambini da vicino. “Per creare e lavorare insieme bisogna conoscersi” ha sottolineato l’artista. Non si è presentato come un artista inavvicinabile, ma come un uomo semplice e disponibile, sedendosi con loro sugli scalini della scuola per raccontare cosa significa per lui l’arte dei murales. Con parole dolci e appassionate, ha spiegato che ogni murale trasmette un messaggio potente e immediato, un modo per comunicare senza bisogno di parole.

Ma da dove nasce l’arte dei murales? Carrasco ha raccontato ai bambini che questa forma d’arte ha origini antiche. Già nelle prime civiltà, le popolazioni indigene dipingevano pareti e grotte per narrare storie e tramandare tradizioni. Nei tempi moderni, i murales hanno assunto un significato ancora più forte, diventando strumenti di protesta e libertà di espressione. In America Latina, molti artisti, come lui, hanno usato questa tecnica per raccontare le lotte sociali, i sogni di pace e giustizia, dando voce a chi non ne aveva. Così, attraverso il colore e le immagini, i murales parlano a tutti, senza bisogno di parole scritte, rendendo l’arte accessibile a chiunque.

Carrasco ha spiegato anche perché proprio i murales e non un altro tipo di arte: “Dovevamo comunicare con disegni forti, colori decisi, grandi e che si potessero vedere e capire anche dalla strada. I murales servivano per comunicare senza parole, contro le ingiustizie a cui eravamo costretti”.

Il suo amore per questa forma d’arte nasce infatti dalla sua esperienza personale: cresciuto in un paese in cui la dittatura aveva tolto la libertà di parola, ha trovato nei murales un modo per esprimersi e denunciare ciò che accadeva intorno a lui. Ai bambini ha raccontato di quando, nel 1974, dovette fuggire dal Cile per non essere arrestato. Il suo soprannome, “Mono”, che in spagnolo significa “scimmia”, gli è stato dato proprio per la sua agilità, ed è stata questa capacità che gli ha permesso di scavalcare facilmente le mura dell’ambasciata italiana per chiedere asilo politico e conquistare la libertà. Dopo questo primo incontro ogni classe, , ha avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con l’artista, progettando e realizzando insieme quattro murales. Il compito non era semplice: disegnare e dipingere grandi pannelli con colori vivaci e decisi, senza sfumature, ma con una forte carica espressiva. Ogni bambino ha avuto un ruolo importante, contribuendo con il proprio talento e il proprio entusiasmo.