REDAZIONE MANTOVA

Allevamento abusivo ad Asola: sequestrati 70 cuccioli di barboncino e bassotto: denunciata la proprietaria e il veterinario connivente

Nei guai la titolare, una donna di 34 anni, che vendeva i cuccioli come cani di razza, ingannando gli acquirenti perché privi di pedigree

I carabinieri di Mantova nell'allevamento abusivo di Asola

I carabinieri di Mantova nell'allevamento abusivo di Asola

Mantova, 9 agosto 2025 – Frode in commercio, esercizio abusivo della professione veterinaria e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura: sono le accuse che hanno portato i carabinieri del Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare (Nipaaf) di Mantova alla denuncia di due persone e al sequestro di 70 cuccioli, tutti di barboncino e bassotto in un allevamento di Asola.

L’indagine

L'indagine, coordinata dalla Procura di Mantova e iniziata nel settembre 2024, si è concentrata su un allevamento cinofilo abusivo ad Asola, gestito da una donna di 34 anni che gestiva un'intensa attività di vendita online su Facebook, Instagram e TikTok, con oltre 53mila follower, per un giro d'affari imponente: il costo per l'acquisto di un cucciolo variava dai 1000 ai 3000 euro, con caparre a partire da 500 euro.

Gli animali, tutti ben tenuti, non risultano maltrattati. Venivano spacciati per cani di razza con pedigree, ma in realtà erano provvisti di documenti esteri privi di valore legale in Italia, dove l'unico riconosciuto è il pedigree dell'Enci, Ente nazionale cinofilia italiana. Inoltre, le colorazioni dei mantelli (come grigio, blu, lilla o tigrato), utilizzati per attrarre la clientela, erano fuori standard, e non avrebbero permesso l'ottenimento di un pedigree italiano legittimo.

Il veterinario

I carabinieri hanno accertato che i cuccioli erano allevati in strutture non autorizzate dal punto di vista amministrativo e sanitario. Durante il blitz, oltre al sequestro dei cani e delle strutture, è stato rinvenuto un cospicuo numero di farmaci illegalmente detenuti. L'operazione ha portato anche alla denuncia di un medico veterinario dell'Ats Valpadana, ritenuto responsabile di falso ideologico. Il professionista avrebbe illecitamente autorizzato l'idoneità dell'allevamento sulla base di una semplice planimetria, omettendo di segnalare le non conformità rispetto alla normativa regionale.