L’incubo del carcere-modello destinato a restare incompiuto

Revere, in rovina da 15 anni. E non si può demolire di Tommaso Papa

L'interno del carcere incompiuto di Revere

L'interno del carcere incompiuto di Revere

mantova, 1 settembre 2015 - «Per recuperare quel carcere mai completato abbiamo mandato al ministero progetti preparati gratis, proprio per evitare che un’opera a buon punto finisse in abbandono. Ma è stato tutto inutile». L’architetto mantovano Mario Berni, studio a Poggio Rusco, per la ditta costruttrice Acea di Mirandola, ha partecipato sin dai primi passi alla storia maledetta del carcere di Revere, estremo sud della provincia di Mantova, a 35 chilometri dal capoluogo: un istituto di pena che non è stato mai usato, ed è costato tanti soldi pubblici, tanta energia e anche qualche sogno di chi avrebbe dovuto rendere più umana la prigione.

Il carcere oggi ha un che di spettrale: è circondato da fitti campi di mais alti tre metri, un muro bianco di cemento armato ricorda la sua originaria funzione, la strada è coperta di ailanto e di altri infestanti, arrivarci è quasi impossibile. A riuscirci sono gli animali, qualche barbone che si ferma a dormire e soprattutto i ladri che l’hanno spolpato dei sanitari e dei termosifoni ancora imballati, delle finestre di sicurezza da montare, delle suppellettili e alla fine del rame contenuto nei fili elettrici. Abbandonato dal 2000, era costato 5 miliardi, due milioni e mezzo di euro, dal momento della progettazione nel 1988. Voluto dall’allora ministro Giuliano Vassalli doveva essere un istituto mandamentale, destinato a detenuti per reati minori: 32 celle per 60 persone circa, più mensa, ambulatorio, parlatorio: «La parte comune per la direzione e le guardie era quasi finita - racconta l’architetto Berni - ma poi è arrivato un primo stop alla fine degli anni Novanta».

Le motivazioni dell’arresto dei lavori è legata alla mancanza di fondi ma anche all’attenuazione del regime penale e all’introduzione delle pene alternative. Mentre i lavori languono, la parte realizzata si deteriora e iniziano le prime incursioni di balordi e malintenzionati, gli amministratori di Revere chiedono conto a ministero: perché non si va avanti? Nessuna risposta, anzi la decisione del Guardasigilli di cancellare i progetti di alcune carceri mandamentali «non» riguarda Revere. Che però resta nel limbo delle opere incompiute. Allora il Comune lo chiede per sé, magari per realizzarci una casa di riposo o qualche altra opera utile, come un ostello per gli infermieri dell’ospedale di Pieve di Coriano, che si trova dall’altra parte della strada. Archiviato ufficialmente il progetto nel 2003, il ministero di via Arenula si decide a rinunciare alla disponibilità dell’opera nel 2011. Il carcere fantasma passa al Comune, che intanto, a causa della legge di stabilità non può più effettuare investimenti. Per riutilizzarlo servirebbero 2 milioni e mezzo di euro, per demolirlo altrettanto che nelle casse non ci sono. I privati che hanno provato a più riprese ad affrontare la scommessa ci hanno rinunciato. Lo Stato centrale, in questo bel borgo gongaghiano a ridosso del Po, se l’è data a gambe da 15 anni e nulla fa pensare che batta un colpo.

«Riprendetevelo». Sergio Faioni, sindaco di Revere per una lista civica legata al centrosinistra, con pazienza e dedizione accompagna i visitatori tra le rovine del carcere mai aperto, si sbraccia in Consiglio e fuori, partecipa a dibattiti e talk-show, e tutto per evitare che un’assurda vicenda di spreco del denaro pubblico si concluda nel peggiore dei modi. Ma ogni tanto perde le staffe e vorrebbe restituire quel «magone» a chi glielo ha dato. «Ero stato eletto da appena due mesi quando la disponibilità dell’edificio è passata al Comune» racconta l’ex tabaccaio divenuto primo cittadino. E da allora quel carcere è uno dei suoi incubi. Anche l’intervento dei privati si è rivelato senza sbocco. «Le ipotesi di recupero si sono susseguite. Una cordata di imprenditori di Treviso ha pensato di farne una residenza socio-assistenziale, ma i costi erano troppo elevati. Stessa musica per un altro progetto nato nel Modenese. Si è parlato della trasformazione in una residenza sanitaria per dimissioni protette, e anche di un condominio da destinare agli operatori dell’ospedale di Pieve di Coriano». Il carcere fantasma, però, continua a costare. «Certo, siamo costretti a frequenti sopralluoghi per i furti a raffica che si verificano nella struttura» L’unica consolazione per i cittadini di Revere è che il loro non è l’unico carcere-beffa. In Italia ne sono stati contati 38 iniziati e mai finiti.