Il prefetto Palmisani trasferito a Monza: "Lodi ha potenzialità da sfruttare"

"Io, da romana, colpita dall’umanità che qui esiste ancora"

Patrizia Palmisani, l’undicesimo prefetto della Provincia di Lodi

Patrizia Palmisani, l’undicesimo prefetto della Provincia di Lodi

Lodi, 10 marzo 2019 - Il suo incarico a Lodi è stato tra i più duraturi. Patrizia Palmisani, romana, laureata in Giurisprudenza alla Sapienza, coniugata e madre di due figli, arrivata nella città del Barbarossa a luglio del 2015, è rimasta prefetto di Lodi per oltre tre anni e mezzo e ora si sposterà a Monza. È stata l’undicesimo prefetto della provincia.

Prefetto Palmisani, che bilancio traccia della sua esperienza lodigiana?

«Un bilancio strapositivo. Ho avuto l’opportunità di conoscere Lodi e i lodigiani. È stata un’esperienza importante e interessante. I lodigiani vivono in un territorio che deve essere valorizzato e conosciuto di più. Devono continuare a fare squadra come ho visto fare in questi ultimi tempi. Le istituzioni e le forze imprenditoriali si sono impegnate in questo percorso e i risultati sono arrivati».

Che ricordo porterà via?

«Lascio un pezzo di cuore a Lodi. E, mi creda, non è la classica frase fatta. D’altronde questo è stato anche il mio primo incarico da prefetto».

La prima immagine del territorio che ha memorizzato al suo arrivo?

«Piazza della Vittoria sicuramente. Bellissima, con il duomo. Mi ha colpito subito così come un’altra cosa: era una domenica di luglio e, nonostante il caldo, ho visto in piazza capannelli di persone ferme a parlare. Per me che arrivavo direttamente da Roma dove ormai i rapporti umani non ci sono più era stupefacente. I lodigiani non si rendono conto della fortuna che hanno: potersi ancora incontrare e parlare per strada è un privilegio. Qui è ancora tutto a misura d’uomo. Tutto poi solo a mezz’ora di strada da Milano dove possono vivere i grandi eventi di teatro e musica ad esempio».

Se dovesse evidenziare un aspetto negativo di questo suo periodo lodigiano...

«In questo momento non me ne viene in mente nessuno. Ho trovato persone schiette e dirette, senza sovrastrutture. Ecco forse questo, a volte, può portare anche qualche problemino».

E dal punto di vista delle infiltrazioni della criminalità organizzata e della presenza della malavitta ha riscontrato peggioramenti in questi anni?

«No, anzi i dati sono migliorati. Anche sulle aree abbandonate che ultimamente attirano le attenzioni di malviventi, da fine 2018, abbiamo isituito gruppi di lavoro chiedendo ai sindaci di segnalarci possibili zone pericolose. Stessa cosa per i siti di stoccaggio di rifiuti autorizzati, in collaborazione con Arpa, vigili del fuoco e carabinieri forestali».

Se ripensa agli obiettivi che si era posta a inizio mandato, ritiene di averli raggiunti tutti?

«Uno dei miei obiettivi era potenziare il controllo di vicinato: contro i furti, per una realtà come quella lodigiana, ritenevo e ritengo sia uno strumento molto utile. E siamo passati da un comune, in cui questo controllo si attuava a una quindicina. L’altra iniziativa era “Scrivi al prefetto”: sono arrivate segnalazioni, ma non tante come avrei pensato. Questo filo diretto lo riproporrò a Monza».

Che consiglio darebbe al suo successore Marcello Cardona?

«Cardona non ha bisogno di consigli. È stato questore di Milano e ha affrontato situazioni molto complicate con grande consapevolezza. Certo le professionalità tra noi due sono molto diverse, gli trasmetterò quello che ho trovato qui a Lodi. Ma è una persona molto in gamba».