Lodi, alla sbarra la cupola delle false onlus dell'accoglienza

Dovevano assistere i migranti. Ma si tenevano i milioni garantiti dallo Stato

Le proteste dei migranti davanti alla Prefettura di Lodi

Le proteste dei migranti davanti alla Prefettura di Lodi

Lodi, 5 ottobre 2019 - Accordi sottobanco per false assunzioni, con le onlus a fare da schermo, a detenuti in cerca di benefici. Un giro d’affari milionario e infiltrazioni delle cosche, soldi pubblici intascati mentre ai migranti arrivava poco o nulla, perché secondo le accuse l’unico interesse era quello di lucrare sull’emergenza.

«Se ci beccano ancora il contatore chiuso del gas – diceva un’indagata intercettata – Sono c... amari!». Per Daniela Giaconi, “burattinaio” di un sistema di quattro finte onlus attive tra Milano, Lodi e Pavia, si aprirà il processo a novembre. E il pm Gianluca Prisco ha chiesto il rinvio a giudizio per altre 10 persone, tra rappresentanti legali e prestanome della rete scoperchiata dall’inchiesta della Gdf coordinata dalla Procura di Milano, con al centro i reati di associazione a delinquere, con base tra il capoluogo lombardo, Lodi e Pavia, truffa allo Stato e autoriciclaggio. Giaconi, alle spalle precedenti penali per bancarotta e ancora in carcere dal giorno dell’arresto, lo scorso 2 luglio, aveva fiutato l’affare negli anni dell’emergenza migranti, quando si cercava di mettere in campo un sistema in grado di accogliere migliaia di persone, con bandi dai criteri meno stringenti rispetto a quelli attuali. Era dietro le quinte di una rete composta da quattro onlus - Volontari senza frontiere, Milano Solidale, Amici di Madre Teresa Giuliani e Area Solidale - che si occupavano anche di reinserimento lavorativo di detenuti e persone svantaggiate. Giaconi e gli altri indagati, dopo aver vinto tra il 2014 e il 2018 bandi delle Prefetture di Lodi, Parma e Pavia presentando carte false per attestare i requisiti e offerte al ribasso per “bruciare” la concorrenza, avrebbero usato per «scopi personali» oltre 4,5 milioni di euro dei circa 7,5 milioni ottenuti illecitamente. Soldi pubblici che sarebbero dovuti servire per garantire vitto, alloggio, corsi di italiano e di formazione ai richiedenti asilo. Vantavano addirittura la «collaborazione con un professore di Lettere e Storia contemporanea per accompagnare i nostri ospiti a conoscere la Lombardia», ma la realtà era differente. Tanto che dieci migranti avevano protestato a Lodi perché i gestori delle strutture non davano loro nemmeno il “pocket money”, i pochi euro giornalieri previsti. La presunta banda di truffatori avrebbe garantito «supporto economico» a condannati anche per associazione mafiosa, consentendo loro di chiedere anche «misure alternative alla detenzione» perché figuravano come lavoratori delle onlus. Intanto Giaconi faceva investimenti, comprando una casa e un negozio a Milano. Tutto con fondi pubblici, destinati all’accoglienza dei migranti approdati in Lombardia dopo il viaggio della speranza.