Nina profuga ucraina ospite a Casalpusterlengo per curare il tumore

Dovrà iniziare la radioterapia. "Non voglio che la mia famiglia muoia in guerra"

Nina Bryzh con la figlia Maia. Hanno festeggiato la Pasqua ortodossa nel Lodigiano

Nina Bryzh con la figlia Maia. Hanno festeggiato la Pasqua ortodossa nel Lodigiano

La prossima settimana Nina Bryzh, profuga ucraina di 54 anni, con un tumore all’intestino, inizierà la radioterapia a Casalpusterlengo, grazie al trasporto garantito dai volontari Alao: "Lo scopo è ridurlo perché è troppo esteso per essere operato – spiega Bryzh, che nel suo paese, nei sobborghi di Kiev, era preside di una scuola superiore –. Ora non sto bene, mi sento debole e ho problemi di digestione". La sua paura non riguarda la malattia ma la sua famiglia: suo marito Ruslan, che ora si occupa di difesa territoriale ma non è nell’esercito, e suo figlio Borgdan, 26 anni, che sopravvive nella casa di famiglia dopo aver perso il lavoro in un ristorante, ma che la madre teme sia chiamato a combattere: "Non sarò patriottica, ma non voglio che la mia famiglia muoia in guerra. Io penso sia giusto che inviino le armi agli ucraini ma a combattere dovrebbero essere solo le persone addestrate a farlo". A sostenere tutta la famiglia, soprattutto economicamente, oggi, è Maia, la figlia di 29 anni, che lavora per un filiale di Google in Polonia e che è venuta a trovarla tre giorni a Pasqua. Allo scoppio della guerra Bryzh l’ha raggiunta ma poi, per ricevere cure immediate, ha dovuto trasferirsi alla Muzza di Cornegliano, ospite di Tina Autelitano, zia di Angelo Serrano, compagno di Maia.

"Sono molto grata a tutti – afferma Nina –. Ma non avrei mai lasciato la mia famiglia, amici e colleghi, se non fosse stato per la malattia: mi mancano. Se la mia casa fosse stata distrutta dalle bombe, la ricostruirei nello stesso posto, con l’aiuto dello Stato". Lo stesso che ancor oggi, pur in piena guerra, le passa la pensione di 80 euro mensili, con cui, ammette "è difficile vivere anche in Ucraina. I soldi spesi per le guerre andrebbero usati per trovare cure a malattie come la mia". Nata nell’ex Urss, ricorda quando russi, ucraini, bielorussi, georgiani, "erano tutti una famiglia": "Dal 1992 tutto è cambiato. Ed oggi si fa poco per la pace". Oggi nel Lodigiano ci sono 419 ucraini, per lo più madri con figli, di cui 32 nei centri di accoglienza della Prefettura, gli altri presso famiglie.