L’emergenza “senza-tetto“ è immutata

Codogno, un anno fa un clochard morì nella baracca lungo il viale

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È trascorso un anno da quando un cittadino romeno senza tetto morì carbonizzato nella baracca dove aveva trovato riparo nascosto tra le sterpaglie lungo viale Manzoni, a due passi dalla chiesa di Caravaggio. I resti dell’ormai ex capanno di attrezzi del proprietario del fondo vicino sono ancora lì, a testimoniare il dramma della solitudine di quell’uomo che, per scaldarsi dal freddo pungente, rimase vittima di un terribile incidente. In città però i cittadini “fantasma“ ci sono ancora. La loro presenza è discreta ma associazioni e forze dell’ordine hanno di fatto certificato che l’emergenza in città resta intatta. A fine ottobre, un controllo della Polizia locale nell’ex azienda Gallay Mauser in via Mochi, oggi un rudere, ha permesso di far emergere qualcosa che si sapeva già: tre persone vivono all’interno abitualmente.

Anche l’impegno della chiesa evangelica è ormai radicato in città. "Stiamo aiutando diversi senza tetto che si sono sistemati in una fabbrica abbandonata in condizioni molto precarie. Intendiamo raggiungerli con un soccorso socio-sanitario" avevano ribadito. Ad aprile sei clochard rischiarono di morire intossicati dai fumi di un fuoco improvvisato nello stabilimento dismesso nei pressi di via Mochi. Chi non ha opportunità abitative sceglie anche altri luoghi di fortuna: i sotterranei dell’ospedale o l’ex casa cantoniera tra Codogno e Casale. La parrocchia di Codogno sta pensando poi da tempo di garantire un’opportunità ai senza fissa dimora nella palazzina dell’ex custode della chiesa della Trinità ma mancano i fondi. Mario Borra