
Vittorio e Michela Muroni con Fabio nel 2014
Lodi, 9 settembre 2019 - «Fabio aveva potuto nuotare coi delfini: era felice quando era al mare. Ed è morto, nel sonno, proprio a Loano, dopo una giornata passata in acqua. Ora vorremmo comunque realizzare, qui a Lodi, la “Casa di Fabio”, per accogliere i bambini come lui». A due settimane dal grave lutto che li ha colpiti, Michela e Vittorio Muroni, genitori di Fabio, il bimbo con la sindrome di West, per cui l’intera comunità lodigiana aveva raccolto, nel 2009 e nel 2010, 300mila euro per delle cure di alta specializzazione in America, devono fare il conto col vuoto incolmabile lasciato da quel bambino sempre sorridente; ma è tempo anche di ricordi e di bilanci: «Lui era ed è il nostro ossigeno. Quando gli diagnosticarono la sindrome di West, ad otto mesi, ci dissero che non avrebbero superato i 5 anni. Invece è arrivato ai 14. Grazie alle nostre cure e anche a quelle ricevute in America, quando, appunto, nuotò coi delfini: quando tornammo riusciva a mangiare quasi tutto per bocca.
Fino a quando, nel gennaio 2018, non ci convinsero a sottoporlo ad una tracheotomia, lui non prendeva farmaci, a differenza di tanti bambini che, in casi simili, vengono “assopiti”. Fu devastante, ha avuto infezioni, è stato in rianimazione, non ha più potuto andare a scuola. Laura Pausini venne a trovarlo in ospedale a Lodi (il 19 marzo 2018) e lo invitò poi al suo concerto, cui andammo un anno fa quando si era stabilizzato: era un piccolo guerriero. In quel periodo venne ricoverato a “La casa di Gabri”, un centro di sollievo, nel Comasco, per bambini con patologie degenerative.
A Lodi vorremmo aprire un centro “gemello”, collegato in telemedicina con la pediatria e la rianimazione. La giunta Casanova si era già detta interessata, ipotizzando come sede i locali dell’ex Fanciullezza». «Siamo stati a Como domenica, per donare alcune presidi di fisioterapia di Fabio – aggiunge Michela –. Se fossi più vicina vi farei volontariato. Le famiglie vengo lasciate sole e devono combattere la burocrazia: mentre c’era il funerale sono venuti a ritirare i presidi medici; ci hanno chiamato perché non eravamo in casa». Intanto papà Vittorio, 50 anni, lancia un appello, perché cerca lavoro: «Per assistere Fabio stavo lavorando solo il sabato e domenica, quando mia moglie era a casa, come barista».