MARIO BORRA
Cronaca

Covid, "ricordo gli occhi dei malati". Cinque anni fa scoppiò l’emergenza: "Avevamo 70 persone da ricoverare"

Codogno, la testimonianza di Giuseppe Montanini allora presidente del comitato locale della Cri "Applicai subito le norme anti Ebola. I nostri ragazzi uscivano e non ritornavano più in sede".

Codogno, la testimonianza di Giuseppe Montanini allora presidente del comitato locale della Cri "Applicai subito le norme anti Ebola. I nostri ragazzi uscivano e non ritornavano più in sede".

Codogno, la testimonianza di Giuseppe Montanini allora presidente del comitato locale della Cri "Applicai subito le norme anti Ebola. I nostri ragazzi uscivano e non ritornavano più in sede".

Hanno toccato con mano la drammaticità dell’emergenza, hanno fissato gli sguardi degli ammalati, hanno toccato gli infetti da Covid ed hanno macinato decine di migliaia di chilometri in pochi mesi: sono stati gli eroi normali di quei mesi tragici, sulle barricate della prima, da quella maledetta mattina dell’ormai famoso 21 febbraio 2020 quando la notizia del primo contagiato da Coronavirus in Italia irruppe e sconvolse la normalità di una piccola città della Pianura padana. I volontari e il personale del comitato di Codogno della Croce Rossa Italiana sono stati uno dei baluardi fondamentali per evitare che tutto crollasse sotto il peso enorme di una pandemia devastante. "Ricordo quella mattina molto bene – dice l’allora presidente del comitato Giuseppe Montanini che non solo coordinò i suoi “ragazzi“, ma non si risparmiò per portare a termine uno di quei 2. 500 servizi che garantiti in poco più di un due mesi e mezzo –. Non andai in ufficio, ma mi precipitai in sede con la divisa. E lì mi accorsi subito che la nostra esistenza era radicalmente cambiata. Uno dei primi compiti fu quello di trasferire il paziente numero 2 dall’ospedale di Codogno al presidio Sacco di Milano. Quando arrivai mi resi conto che l’emergenza era scoppiata dalle misure sanitarie che venivano applicate". Ricorda la preoccupazione forte ma l’esigenza primaria di fare il proprio dovere fino in fondo. " Misi in atto da subito il protocollo “sicurezza emergenza“ che prevedeva l’ingresso solo agli operativi ed applicai le norme anti Ebola che avevo imparato tempo prima – aggiunge l’ex presidente, per 30 anni in Croce Rossa –: mettemmo in piedi in poco tempo una tenda di decontaminazione oltre a diversi altri protocolli di sicurezza. Furono efficaci non solo perché gli stessi operatori di Medici Senza Frontiere successivamente dissero che era stato applicato tutto alla perfezione, ma perché dei circa 40 operatori nostri che giravano dal giorno alla notte nessuno si ammalò di Covid". Venerdì 21 febbraio fu il giorno X . "Ero in contatto con il sindaco e gli dissi che avevamo 70 persone da portare in ospedale. anche lui capì che c’era qualcosa di grosso in arrivo – spiega Montanini – Il giorno seguente, come mi disse il 118, in attesa ve ne erano 120. Un’enormità. i nostri ragazzi hanno cominciato ad uscire e a non tornare più in sede. Giravano per la bassa senza sosta. Alla fine le nostre ambulanze hanno percorso 120mila chilometri in due mesi. Tute e mascherine non bastavano mai; addirittura usammo quelle dei carrozzieri. Poi un ricordo struggente ma doloroso. "Non mi usciranno mai di mente le mani degli ammalati che si protendevano verso i soccorritori, soprattutto gli occhi che imploravano – conclude – penso che i nostri uomini e donne allora sono stati portatori di speranza senza mai fermarci".