Coronavirus a Casalpusterlengo: "Noi, malati senza sapere perché"

La testimonianza di un autista della Croce casalese. "Abbiamo tutte le protezioni, eppure..."

L’autista soccorritore impegnato in un intervento

L’autista soccorritore impegnato in un intervento

Casalpusterlengo (Lodi), 28 marzo 2020 - I soccorritori si stanno gradatamente ammalando tutti, "ed è inspiegabile, siamo più che protetti, non sappiamo dire perché". Ma la loro abnegazione non si scalfisce perché tanta gente ha bisogno di loro. "Cerchiamo di preservarci il più possibile perché siamo sempre meno e tanti hanno bisogno di noi". La drammatica testimonianza arriva da Cesare G., autista soccorritore professionista della Croce casalese. Il casalino racconta ciò che sta vivendo con i colleghi mentre, tra un intervento e l’altro, cerca di rendersi utile il più possibile per l’emergenza sanitaria. "Sembra che le cose stiano andando un pochino meglio" l’inizio del suo racconto pare fiducioso ma non completamente convinto.

«A differenza di qualche giorno fa – continua –, quando c’erano viaggi continui con le nostre ambulanze per Covid 19, adesso la frequenza delle richieste di soccorso si è un po’ ridotta. Questo succede forse perché la gente sta veramente e finalmente a casa, così va meglio, anche se ormai, lo ammetto, siamo stremati". "Quando andiamo a prendere i contagiati vediamo gente disperata, ma che, nonostante tutto e in qualsiasi posto la accompagniamo, anche in ospedali a 100 chilometri di distanza, non fa altro che ringraziarci. Con un sorriso che ti riempie il cuore".

Poi Cesare, con la voce rotta dall’emozione, aggiunge "sono situazioni veramente gravi con saturazione al 70/80 per cento, quelle persone respirano male e a volte vengono a mancare. Tu cerchi di consolarle, come puoi, da sotto i tuoi abiti che ti rendono irriconoscibile. Ultimamente ci stiamo ammalando anche noi benché non sappiamo il perché, perché abbiamo ogni accortezza, stiamo attenti a tutto eppure succede comunque. Inspiegabile". «Preghiamo tanto – prosegue sempre il soccorritore – perché se ci ammaliamo tutti non c’è nessuno che potrà più andare a prendere questa povera gente. Sono persone di ogni età tra cui i nostri nonni che meritano rispetto. Facciamo orari assurdi, dall’alba alla notte, ma non per colpa del datore di lavoro, bensì perché siamo contingentati in situazioni in cui ovviamente non puoi abbandonare il paziente. Così di notte torni, ti lavi, mangi un boccone e vai a letto a recuperare le forze per essere sul campo il giorno dopo".

A questo punto le parole di Cesare si devono interrompere. è arrivata una chiamata, un paziente ha avuto bisogno di lui e dei suoi colleghi angeli. Si accendono le sirene e si parte verso l’ennesima missione di questa emergenza Covid.