"Con i calchi delle mie maschere ho creato arte"

In ospedale li facevano e poi li gettavano via "Per me è stato liberatorio"

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Maschere, mascherine e arte. Il messaggio rivolto da Vilma Dule ha coinvolto emotivamente gli studenti dell’istituto Merli alla frazione Villa Igea che, al termine dell’incontro, le hanno chiesto autografi con dedica, selfie, le hanno fatto domande e ottenuto tanti abbracci. "La gente si lamenta perché deve tenere le mascherine per il Covid e io, che ho portato a lungo delle maschere in silicone sull’intero volto per riuscire a curare le cicatrici lasciate dall’acido, me ne chiedo il motivo. Tutti siamo sotto pressione per qualcosa, ma io ho imparato a relativizzare". La lezione di vita l’ex manager albanese l’ha appresa nella clinica francese dove, per 4 anni, è stata sottoposta a trattamenti e interventi chirurgici per riuscire ad arginare l’azione corrosiva dell’acido tra gente che, vittima come lei di violenze oppure di incendi o incidenti, non aveva riportato solo gravi danni alla pelle, ma aveva anche subito amputazioni.

"Il mio corpo era intero, mi sono ritenuta fortunata – spiega Dule –. Inoltre fino ad allora il mio obiettivo era cercare di tornare come prima, ma un medico mi ha detto che non avrei potuto perché tutti, comunque, cambiano, crescono. Per realizzare le nostre maschere in silicone, in ospedale realizzavano calchi in gesso del nostro volto, che poi gettavano via. Io ho chiesto di tenere il mio e ho cominciato a dipingerlo. Sul primo calco ho disegnato le mie cicatrici perché, per me, lontana da casa, dal mio mare, dal mio ex, dalla mia vita, sono diventate le mie radici. L’idea è piaciuta e allora ho fatto un workshop con gli altri pazienti e i loro calchi. Quindi è riemerso il mio spirito imprenditoriale, ho proposto e organizzato una mostra con l’ospedale. É stato liberatorio. Significa che tutti possiamo creare qualcosa di artistico da tutto ciò che abbiamo tra le mani tutti i giorni, da ciò che diamo per scontato, dagli scarti. E significa non nascondere il problema sotto il tappeto ma trovare un modo per parlarne, tramite l’arteterapia". L.D.B.