Lodi, aggressione a scuola. Parla la prof: "Tanta amarezza"

La denuncia è stata consegnata: il preside ha accompagnato in Questura l’insegnante

L’insegnante Vittoria Bellini

L’insegnante Vittoria Bellini

Lodi, 4 maggio 2019 - Tanta solidarietà dalle istituzioni, ma lo choc non è ancora passato. vittoria bellini, 63 anni, da 39 in cattedra, ripensa alla disavventura che le è capitata. a quell’aggressiune subita da parte della madre di una studentessa sospesa. «ho voglia di impegnarmi perché si ritrovino i valori fondamentali che animano il mondo della scuola, certe situazioni lasciano l’amaro in bocca», dice. ieri, il prefetto di lodi marcello cadorna, che a breve visiterà la scuola, ha incontrato e incoraggiato la donna a proseguire il proprio lavoro, sottolineandone il fondamentale ruolo nella società civile. la docente sarà poi presente alle cerimonie e per la festa della repubblica per sottolineare il valore della figura educativa che rappresenta. riconoscimenti che fanno piacere, mentre l’insegnante, ricoverata e dimessa a poche ore dall’aggressione, racconta il proprio stato d’animo.

Come sta adesso?

«Mi sento meglio, tornerò subito al lavoro».

Durante la sua carriera è la prima volta che le capita un fatto simile?

«Fortunatamente sì. Ma sono preoccupata. Dopo l’episodio, il primo in trentanove anni di professione, rifletto su ciò che manca, mi domando il perché sia accaduto tutto questo e perché proprio adesso».

E cosa si è risposta?

«La risposta che mi sono data è che questo è l’esito di un processo iniziato non si sa quando, che culmina con un completo disfacimento dei valori di riferimento della vita civile. Io non sono una conformista, ma parlo dei valori sacrosanti della comunità, della solidarietà, del tempo passato insieme a condividere le azioni della vita quotidiana. Il senso del vicinato. Cosa crea comunità, cosa manca, perché non sentiamo più l’affetto intorno a noi?»

Cosa avrebbe fatto se la donna si fosse posta in modo diverso?

«Se la mamma si fosse presentata con tranquillità, come sempre io sarei stata aperta al dialogo. Tra l’altro la figlia non è una mia alunna, evidentemente si voleva colpire l’istituzione».

Crede che questo contesto influenzi anche i ragazzi?

«Ognuno di noi è centrato su se stesso, professa a oltranza l’individualismo e lo fanno anche i ragazzi: non percepiscono il bisogno del compagno, ma solo un senso di gruppo che a volte si trasforma persino nell’appartenenza a un branco. C’è un lavoro enorme da fare. Noi lavoravamo per il bene di questa ragazzina da due anni».

Perché accade che i genitori reagiscano così?

«Mi viene da dire che manca anche il senso dell’essere genitori. Fare il genitore oggi non è solo mettere al mondo un figlio. Fermiamoci, riprendiamoci il tempo, quel tempo che sembrava perso ed era invece tempo per noi, per crescere e migliorare».