
Giovanna Venosa (al centro) con le colleghe che l’aiutano a gestire "L'ape Fornarina"
Parabiago (Milano), 30 novembre 2019 - «Ho iniziato a fare il pane in casa dodici anni fa. Allora abitavo a Brescia. Mio figlio era appena nato. Un giorno, era appena nevicato, e non potevo uscire da sola per andare a prendere il pane. Quello che avevo in casa, acquistato il giorno prima, era durissimo e anche con una patina di muffa». Da quel giorno Giovanna Venosa non ha più smesso di impastare acqua, farina e lievito e produrre pane. Nativa del Salento, emigrata in Lombardia per seguire il marito, abita da qualche anno a Parabiago. Da tre anni ha aperto un negozio di panetteria, l’Ape Fornarina, in via Matteotti, che in poco tempo è salito agli onori della cronaca. Infatti l’Ape Fornarina è stata inserita nell’ultima edizione del Gambero Rosso: il pane di Giovanna è definito un prodotto di eccellenza a livello nazionale. «Prima di dare avvio a questa attività – racconta Giovanna – avevo avviato un lavoratorio di panetteria domestica nella taverna di casa, tutta in regola con le autorizzazioni sanitarie. I clienti? Le mie amiche, la gente che mi conosceva. Col passaparola il mercato si è incrementato. In casa ormai stavo stretta e così ho deciso di aprire questo punto vendita. E non solo. Qui ho allestito anche un laboratorio dove ci lavorano tre persone, io, Chiara e Laura».
Un’impresa rosa, tutta al femminile. Pensare di aprire una panetteria oggi, con la concorrenza dei supermercati, non era (ed è) una idea azzardata? «Innanzitutto l’Ape Fornarina non è una panetteria. Io la chiamo più propriamente un laboratorio di delizie, dolci e salate. Difatti non facciamo solo prodotti di panetteria ma anche, ad esempio, le torte pasta di zucchero e altre preparazioni particolari. Adesso, ad esempio, stiamo preparando dei panettoni». «Contrariamente alla grande distribuzione, nel nostro lavoro il concetto che applichiamo è che tutto deve essere fatto come lo si farebbe in casa, dev’essere buono come se fatto in casa, partendo dalla scelta delle materie prime e dalle metodologie di lavorazione». «Le tempistiche devono essere proprio quelle di casa. Lento, piano. Per il pane in particolare se la maturazione è lunga si ottiene un prodotto molto più digeribile e che piace. C’era gente che non mangiava più pane e che, dopo averci conosciuto, ha ripreso a mangiarlo».
Che pane producete? «Un pane a lievitazione naturale. Uso il lievito che ho prodotto io, e che adesso ha ben 11 anni. Facciamo un pane rustico con farina tipo 1 macinata a pietra da grani italiani da un piccolo mulino, il mulino ViVa, che è nostro cavallo di battaglia. Poi facciamo anche l’integrale, il multicereali, il pane con grano saraceno, col grano duro Saragolla e pani speciali con pomodori secchi, olive. Da poco facciamo anche un pane con uvetta, noci e mandorle, senza zuccheri. Seppur sono contraria alle pezzature piccole, per venire incontro alle esigenze dei clienti facciamo anche dei panini piccoli. Tutto pane che si mangia tranquillamente anche due o tre giorni dopo l’acquisto».