
Il vecchio ospedale di Legnano
Legnano (Milano), 19 marzo 2020 - Impianti da rifare, ascensori da sistemare e non corrispondenti alle norme di sicurezza nell’edificio da sette piani, linee dei gas medicinali da ricostruire: sono questi i passaggi fondamentali riassunti nel documento predisposto in questi giorni dai tecnici dell’ospedale di Legnano per l’assessorato regionale e che rendono il recupero del monoblocco nella sede del vecchio nosocomio difficile da realizzare in meno di sei mesi.
Ma se il monoblocco non è utilizzabile, che dire degli altri reparti all’interno dell’ex ospedale di via Candiani? Sono in molti, infatti, a sostenere che è forse questo il fronte sul quale ci si dovrebbe concentrare, non tanto per recuperare centinaia di posti e «sostituire» ciò che sta sorgendo in area Fiera, ma per creare uno sfogo alla degenza ordinaria, lasciando maggiore spazio a spazi per la Terapia intensiva nella sede ospedaliera di via Giovanni Paolo II. La risposta dell’assessorato regionale sul monoblocco - e solo su questo - si base su una relazione dei tecnici dell’ospedale.
Il monoblocco ha una superficie di circa 35mila metri quadrati sviluppati su sette piani e quando era in funzione poteva ospitare sino a 400 degenti: dopo il trasferimento del 2010, anche le infrastrutture sono state smontate e trasferite, quando le condizioni lo permettevano, nella nuova sede. Nello stesso anno, fine 2010, sono state dunque disattivate anche tutte le alimentazioni, da quelle elettriche a quelle che riguardano i gas medicinali. Era previsto che il monoblocco entrasse in un programma di alienazione che avrebbe dato al potenziale acquirente la possibilità di demolire l’edificio e poi ricostruire: l’ultima asta, ancora ad ottobre, metteva infatti sul mercato per circa sei milioni di euro questa parte dell’ospedale, utilizzata per finanziare il recupero complessivo dell’area. Anche l’ultima asta, però, non ha dato esito.
Con questa prospettiva, le linee di alimentazione erano state in questi anni di inattività in parte smantellate (nella cabina Enel, ad esempio, le linee di alimentazione elettrica sono state rimosse), e poi danneggiate da continui atti vandalici o furti che hanno devastato quanto rimasto: le tubazioni in rame che solitamente trasportano i gas medicinali sono state compromesse dai furti e pensare di poterle ripristinare in breve tempo non è credibile. Gli ascensori, fondamentali per la gestione di una struttura che si sviluppa su sette piani, sono fermi da un decennio e non corrispondono alle norme di sicurezza attuali.
Se a questo si aggiungono i problemi complessivi di una struttura che non è stata mantenuta e che ha uno stato di conservazione pessimo, si comprende perché i tempi ipotizzati siano parecchio lunghi. Non solo per la parte che riguarda la realizzazione degli interventi (qui si parla di un lasso di tempo compreso tra 6 e 12 mesi), ma anche per la necessaria fase di verifica e progettazione che un intervento di questa dimensione renderebbe indispensabile.
All’interno del contesto del vecchio ospedale ci sono anche altri reparti che, invece, hanno condizioni migliori rispetto al monoblocco abbandonato al suo destino. Un caso è quello della palazzina che ospitava Pediatria, Ostetricia e Ginecologia e che non era stato incluso tra gli immobili da alienare proprio per le condizioni. Anche questi spazi dovrebbero essere presi in considerazione non tanto per creare da zero reparti di Terapia intensiva, ma per costituire uno sfogo a reparti che prevedono degenza più “leggera“ se la situazione dovesse peggiorare e dovesse servire ulteriore spazio all’ospedale di via Giovanni Paolo II.