CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

Badante raggira una famiglia disperata con il sogno di una Rsa di lusso: sottratti 20mila euro

A tanto ammonta la somma ottenuta dall’assistente “premurosa” per agevolare il ricovero, mai avvenuto, di un’ottantenne poi deceduta

In primo grado il processo terminò con l’assoluzione Il legale della famiglia ha ottenuto dalla Corte d’Appello la riapertura del caso

In primo grado il processo terminò con l’assoluzione Il legale della famiglia ha ottenuto dalla Corte d’Appello la riapertura del caso

Approfittando della vulnerabilità di una famiglia disperata, una badante che sembrava essere una figura rassicurante e premurosa si è rivelata una truffatrice senza scrupoli, riuscendo a sottrarre 20mila euro prima di sparire nel nulla. La famiglia della pensionata aveva conosciuto la badante nell’agosto del 2018, dopo aver trovato il suo recapito su una bacheca esposta in ospedale.

La badante, italiana e con un’età di 71 anni, sembrava una garanzia. La vicenda inizia con una figlia cinquantenne alle prese con la cura della madre ottantaquattrenne, anziana e inferma, che necessitava di assistenza costante. La badante, con modi affettuosi e rassicuranti, aveva garantito che, con quei soldi, avrebbe potuto far entrare l’anziana in una struttura privata d’eccellenza, evitando la lunga lista d’attesa.

La figlia e suo marito, fiduciosi, avevano sperato di risolvere le loro ansie sapendo la madre in mani sicure. Purtroppo, la promessa di un posto nella struttura non si concretizzava mai, e la badante richiedeva continuamente ulteriori somme di denaro per "accelerare la pratica". Quando l’anziana morì in una Rsa pubblica, dove era stata trasferita per necessità sanitarie, la figlia decise di rivolgersi all’avvocato Paola Ziglio e di sporgere denuncia.

In primo grado, la badante, una pregiudicata di settantun anni, era stata assolta dal tribunale di Busto Arsizio, nonostante il pubblico ministero Federico Mazzella avesse chiesto una condanna a due anni. Il giudice aveva ritenuto insufficienti le prove di un raggiro. Tuttavia, l’avvocato Ziglio non si arrese e sollecitò la procura generale di Milano. Il sostituto pg Daniela Meliota accolse l’istanza della parte civile, chiedendo alla corte d’appello la rinnovazione dell’istruttoria. Il processo si è concluso ieri con la condanna della donna a due anni e tre mesi, una pena superiore a quella richiesta inizialmente dal pm Mazzella. Il collegio giudicante, presieduto da Manuela Cannavale e composto da Giovanna Corbetta e Federica Centonze, non ha concesso il beneficio della sospensione condizionale.