Lecco, l’economia arranca: esplode la cassa Covid

In una sola settimana altri trecento imprenditori ne hanno fatto ricorso, per quasi 1.200 dipendenti complessivi

Operaio in un'azienda lecchese

Operaio in un'azienda lecchese

Lecco, 16 maggio 2020 - La pandemia di coronavirus batte sempre più cassa. In una sola settimana altri 300 imprenditori lecchesi hanno chiesto e ottenuto di accedere alla cosiddetta “cassa Covid“, che è la cassa integrazione guadagni in deroga istituita proprio per fronteggiare l’emergenza sanitaria e le conseguenze del prolungato lockdown forzato. Negli ultimi sette giorni l’ammortizzatore sociale è stato esteso a quasi 1.200 dipendenti in più mentre l’astensione autorizzata dal lavoro è lievitata di 415.356 ore che equivale a circa 52mila turni complessivi in meno. Rispetto alla fine del mese scorso le cifre della crisi sono invece decuplicate.

In base ai dati dai funzionari dal Centro provinciale per l’impiego di Lecco diretto da Roberto Panzeri a fine aprile gli imprenditori lecchesi ricorsi alla cassa erano stati 279, per un totale di 520 dipendenti e 19.005 ore richieste. Al 7 maggio si è saliti a quota 3.883 dipendenti per un totale di 139.934 ore. In base agli ultimi dati, il numero di imprenditori che hanno depositato istanza per la cassa in deroga si è impennato fino ad arrivare a quota 1.952 per 5.079 lavoratori dipendenti per un totale di 1.650.078 ore di sospensione autorizzate. Significa che ogni dipendente lavorerà in media 325 ore in meno, che significano quasi 40 giorni di lavoro in meno.

Il bilancio è destinato a salire ulteriormente. Lo strumento è stato esteso dalle 9 settimane massime iniziali a 18 settimane e può essere utilizzato sino alla fine di ottobre. Ai dipendenti in cassa in deroga spetta l’80% della retribuzione, comprensiva di eventuali ratei di mensilità aggiuntive che il dipendente avrebbe percepito per le ore di lavoro non prestare, comunque non oltre le 40 ore settimanali. L’importo non può inoltre superare il limite massimo mensile stabilito. Il dipendente può svolgere altri lavori accessori senza perdere l’assegno, purché non guadagni più di 3mila euro all’anno con il secondo lavoro.