
Uno scorcio della Valvarrone
Sueglio (Lecco), 6 agosto 2017 - I cittadini chiedono di fare tornare agricoli i terreni edificabili. Nessuna meraviglia. In Valvarrone, cuore riposto e semi-montano del Lecchese, non hanno riscoperto la vocazione dell’“agricola pius” e nemmeno si sta sperimentando una riedizione del “Piano Verde” firmato da Amintore Fanfani nel 1961. Semplicemente, non si costruisce e chi possiede terra (ereditata da padri e nonni avveduti) cerca di virare sull’agricolo per avere meno tributi, balzelli, oneri e altro da pagare. Semplice come un sillogismo, se non si inserisse di un quadro di problemi per le piccole comunità del posto che si chiamano calo demografico, carenza di servizi, mettersi in viaggio per la scuola, la farmacia, il medico, il dentista, il veterinario, oltre e una situazione generale di trasferimenti statali evaporati.
Un gruppo familiare di tre falchetti volteggia su Sueglio, altitudine sfiorata di 800 metri, 166 residenti allo scorso 30 giugno (compresi una quindicina di richiedenti asilo), abitanti effettivi una quarantina di meno. Nome poetico che potrebbe richiamare l’esposizione al sole, élios in greco. Claudio Locatelli, 67 anni, è un pensionato del settore dogane e trasporti. Abita a Novate. Con la famiglia e un papà di 97 anni trascorre le ferie nella casa e sulla terra per la quale ha chiesto la riconversione agricola. «Mio nonno paterno è partito per gli Stati Uniti a bordo del ‘Conte Verde’. È sbarcato a Ellis Island. Appena ha potuto, è partito in treno per Petaluma, in California.
Ha aperto una fattoria con altri tre, tutti i giorni portavano uova e pollame a San Francisco, distante 40 chilometri. Poi è tornato a Sueglio. Qui è nato mio padre, nel 1920. Negli anni ‘30 il nonno è stato assunto alla Banca Popolare a Milano e si è trasferito con tutta la famiglia. Questa è diventata la casa delle estati. Io ho acquistato la casa e il terreno vicini, 200 metri quadrati. In altri dieci anni ho acquistato il resto. Oggi ho un terreno di 2.000 metri quadrati. Non costruisco perché è impossibile costruire, non ci sono vie di accesso, solo una specie di mulattiera. Pago 400 euro all’anno. Vorrei pagare meno, per quello che mi rende. Ci ho fatto un po’ di orto. Ho messo piante di albicocche, mele, pere, cachi. Non ho un ricavo, solo il consumo familiare. Il resto se lo mangiano i calabroni e le api. Il terreno era abbandonato, ci ho messo quattro anni per togliere con la zappa un migliaio di piantine di rovo. Diciamo che ho fatto una operazione di recupero ambientale».
Il ritorno a suolo agricolo, se avverrà, sarà agevole e indolore? «C’è una difficoltà tecnica - dice Simona Cantini, sindaco da un anno, nata in Ecuador, a Sueglio da quando aveva due mesi, tenacemente innamorata del suo paese -. In ognuno dei nostri Comuni, che compongono l’Unione, c’è una metratura riservata alla zona edificabile. L’area individuata può essere spostata, ma sarebbe opportuno che la metratura rimanesse invariata». «È vero - prosegue il sindaco -: qui non ci costruisce da una decina di anni. Il mercato immobiliare è fermo, ci sono case di una settantina di metri quadrati in vendita per 30-35mila euro. Sono case vecchie. La gente anziché ristrutturarle preferisce vendere. Non raccontiamocela: quella di vivere a Sueglio è una scelta consapevole».
Discesa su una provinciale da sussulti peristaltici. Introzzo, 119 nomi all’anagrafe. Leonardo nel Codice Atlantico chiama la zona Val di Trozzo. «Ci sono - dice Luca Buzzella, sindaco dal 2009 - delle richieste di trasformazione in terreno agricolo. La motivazione è un po’ questa, pagare meno tributi, soprattutto l’Imu. Il cittadino guarda al suo interesse, impossibile dargli torto. A Introzzo saranno trent’anni che non ci costruisce. Qualche ristrutturazione è stata fatta. Con un minimo investimento da parte dei privati e sfruttando gli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni. Potrebbe essere la strada, anche per sfruttare le zone di attrattiva. Oggi va di moda l’affitto settimanale. Perché non provarci?».