Donbass, reporter lecchese: "Con la crisi internazionale niente scontri"

La testimonianza dalla prima linea del giornalista Vittorio Nicola Rangeloni che segue dal 2013 l’evoluzione della guerra nell’area attorno a Donetsk

Il reporter lecchese Vittorio Nicola Rangeloni dal 2013 è impegnato in Donbass

Il reporter lecchese Vittorio Nicola Rangeloni dal 2013 è impegnato in Donbass

Lecco, 16 febbraio 2022 - Sulla sottile linea rossa del fronte tra Ucraina e Russia è schierato anche un lecchese. È Vittorio Nicola Rangeloni, 30enne originario di Barzio. Lui sta accanto ai separatisti russi del Donbass. Lo fa portando aiuti umanitari e impugnando macchina fotografica, penna e taccuino: è infatti uno dei pochi reporter italiani presenti direttamente sul campo. Grazie ai suoi contatti e alla sue esperienza sta lavorando inoltre come fixer per pianificare l’arrivo di altri colleghi. È dal 2013 che fa la spola con l’Ucraina: si trovava casualmente lì pure in occasione degli scontri di piazza Indipendenza di novembre di quell’anno a Kiev che hanno sancito l’inizio della crisi internazionale, sebbene sia diventato una sorta di “foreign fighter“ dell’informazione, o meglio della contro-informazione, dato che in Europa prevalgono le versioni degli ucraini, dal 2015. Ha scelto da che parte stare perché i suoi nonni erano russi e un suo genitore è russo. Suo nonno è stato inoltre tra i primi a intervenire per fronteggiare il disastro di Cernobyl.

Dopo qualche mese in patria per la presentazione del suo libro intitolato “Donbass, le mie cronache di guerra“ che è riuscito a presentare praticamente ovunque tranne che nella “sua“ provincia di Lecco, è tornano a Donetsk, nelle retrovie, quest’estate ad agosto. "Proprio in quel periodo sul campo c’è stato un aumento delle tensioni e dei combattimenti sul fronte – racconta -. Ci sono state naturalmente conseguenze anche per i civili, con diversi diversi morti e feriti per le bombe". Paradossalmente l’acuirsi della tensione tra blocco occidentale e russo ha coinciso con una sorta di “cessate il fuoco“ o viceversa a novembre: "Sembra strano, ma quando le armi pesanti hanno smesso di sparare è iniziata la crisi diplomatica e mediatica a cui assistiamo oggi".

«Nonostante queste tensioni vengano proiettate sul Donbass e sull’Ucraina a Donetsk la situazione è assolutamente sotto controllo – assicura -. Su tutte le carte indicanti possibili scenari bellici che sono circolate, il Donbass è una di quelle zone che verrebbero investite per prime. Qui si conosce fin troppo bene cosa significhi la parola “guerra“ e nei centri urbani non si colgono sintomi che possa accadere qualcosa di straordinario, non c’è panico e le preoccupazioni espresse sembrano non avere nulla a che fare con questa parte del mondo". Nessuno lì insomma crede in un conflitto su larga scala su iniziativa russa. «Un epilogo comunque con un retrogusto amaro – spiega tuttavia -, perché il conflitto locale, tra i militari dell’esercito di Kiev e li soldati della milizia popolare, difficilmente sarà risolto anche qualora dovessero scemare le tensioni tra le grandi potenze mondiali".