Quando i “numeri uno” non usavano i guanti e paravano i palloni a mani nude

La vita di un atleta che ha fatto la storia della Dea e i suoi consigli . .

Signor Pizzaballa, qual è stata la scintilla nel voler diventare un calciatore?

"Da piccolo andavo a giocare con i miei fratelli più grandi che mandavano me in porta. Avevo qualità già naturali e, una volta arrivato in prima squadra, mister Carlo Ceresoli mi ha completato, perché per migliorare bisogna avere un insegnamento".

Come è stato il suo debutto nell’Atalanta?

"Partita contro il Milan, Rivera calcia, c’è una deviazione… subito autorete! Beh, non iniziò molto bene!. Ho sempre appreso molto dai miei sbagli e sono migliorato ed ero soprannominato l’Angelo biondo, per i miei tuffi".

Come è cambiato negli anni il ruolo del portiere?

"È cambiato molto. C’è stato un miglioramento tecnico, ma i portieri hanno iniziato ad usare più i piedi che le mani".

Cosa ha significato per lei non indossare più i guanti da portiere?

"In realtà, ai miei tempi non si usavano i guanti ma solo le mani. Ho smesso a 41 anni, con molto dispiacere, ma sono stato contento di diventare un allenatore".

Che consiglio darebbe ai giovani di oggi, sul calcio e sulla vita?

"Lo sport mi ha insegnato che, fin da giovani, bisogna impegnarsi seriamente e con motivazione. Bisogna combattere, sempre".