
Fabio Livio, il 41enne di Tavernerio . A destra il cimitero delle auto
Mandello del Lario (Lecco) - Lucio ha tentato l’impossibile per salvare Fabio, il suo compagno di immersione. Gli ha anche passato il suo respiratore e poi ha cercato di trascinarlo in superficie, ma stava finendo la sua scorta d’aria e alla fine ha dovuto lasciarlo per non morire anche lui. Quando gli altri sommozzatori da riva lo hanno visto riemergere da solo hanno subito intuito che era successo qualcosa di grave. È bastata un'occhiata e suo un cenno verso il lago per confermare quanto tutti ormai avevano già compreso. "Eravamo quasi a -110 metri, non lo trovavo più, poi l’ho visto fluttuare esanime senza maschera – ha raccontato sconvolto il sub di 31 anni con parecchia esperienza, che domenica mattina si è avventurato negli abissi del lago di Como al Moregallo insieme a Fabio Livio, il 41enne di Tavernerio che invece non è più tornato a galla -. Non so nemmeno io come, ma l’ho soccorso, sembrava si stesse per riprendere, siamo riusciti a risalire di una ventina di metri, poi a – 85 ho realizzato che non c’era più nulla che potessi fare e che saremmo rimasti lì sotto tutti e due...".
Una scelta tremenda , eppure necessaria, assicurano gli esperti del settore, altrimenti il tributo di vite umane al lago sarebbe stato doppio. "Spingersi a quelle profondità è come scalare l’Everest, è un gioco pericoloso, si è praticamente da soli, se capita qualche problema le probabilità di cavarsela sono minime", sospira il veterano delle profondità estreme Diego Crippa, istruttore e archeologo subacqueo, che conosceva Fabio. Resta però da accertare cosa sia andato storto o non abbia funzionato: forse un guasto all’attrezzatura, oppure uno svenimento da ipossia per mancanza di ossigeno, o magari una narcosi da azoto o forse una miscela d’aria non adeguata... Quello che è certo è che Fabio si è trovato in situazione d’emergenza perché ha cambiato bombole e respiratore. Ed è sicuro pure che nei flutti bui dove non penetra nemmeno un barlume di luce del sole, è tutta un’altra dimensione, in cui la percezione del tempo e dello spazio sono diverse, rallentate, falsate: è come una sorta di "fascia della morte", sebbene in fondo al lago invece che in cima a un ottomila. È già un miracolo che vigili del fuoco di Lecco, con i colleghi del Nucleo sommozzatori di Milano e di Genova, nel giro di poche ore abbiano individuato e letteralmente recuperato con una sonda dotata di telecamera con cui stavano scandagliando il fondale il corpo di Fabio che si stava inabissando sempre più in basso.