L’accordo c’è, la riqualificazione no

Casatenovo, la firma sul piano di recupero risale a 15 anni fa ma l’ex area Vismara continua a essere degradata

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di Daniele De Salvo

A Casatenovo "l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!", come diceva Gino Bartali. A distanza di 15 anni dalla firma dell’accordo di programma sulla riqualificazione del centro storico di Casatenovo, non solo il progetto è fermo al palo, ma la situazione continua a peggiorare. Mentre gli stabilimenti della Vismara sono stati trasferiti praticamente da subito nel nuovo polo di Cascina Sant’Anna, senza tra l’altro nemmeno assicurare i nuovi posti di lavoro promessi, nel cuore della città resta il "buco nero" dei vecchi impianti dismessi della Spa degli insaccati e dell’ex farmaceutica Vister. Avrebbero dovuto lasciare posto a case, negozi, uffici, strade, parcheggi e spazi pubblici. Invece probabilmente continueranno a rimanere ancora a lungo inutili ruderi pericolosi e fatiscenti che sfregiano Casate. Nonostante i tentativi da parte del sindaco Filippo Galbiati, della sua vice Marta Comi e di tecnici e funzionari comunale per agevolare in tutti i modi leciti i vertici della Vismara, alle prese tuttavia con una procedura fallimentare di concordato preventivo, di Immobiliare Casatenovo che di fatto si sta sfaldando e di Davero che sono gli unici che hanno rispettato gli adempimenti previsti – cioè i proprietari del comparto -, non sussistono infatti più le condizioni affinché quanto prospettato in passato diventi realtà.

"Quanto ipotizzato è ormai irrealizzabile", ha sentenziato e sintetizzato a nome di tutti i consiglieri comunali Marcello Parolari del gruppo di minoranza "Più Casatenovo" l’altra sera durante la seduta straordinaria convocata proprio per discutere della questione. Da qui la necessità "di rivalutare e ripensare all’accordo di programma, alla luce anche della variante in corso al Piano di governo del territorio", ha ammesso pure la vicesindaco e assessore con delega all’Attuazione dell’accordo di programma sul centro di Casatenovo. Per rifare tutto occorreranno tuttavia tempo e idee, oltre che milioni di euro di potenziali investitori interessati a farsi carico delle maceria di un accordo di programma ormai naufragato e di edifici pericolanti. E intanto risulta difficile anche solo chiedere ai titolari delle aree di radere almeno al suolo i ruderi, perché ci vogliono parecchi soldi che probabilmente neppure hanno né possono spendere. Ciò che avrebbe dovuto essere un monumento alla collaborazione tra amministratori pubblici e operatori privati è così diventata una lapide alla Casatenovo del futuro che non è ancora nata e probabilmente mai sorgerà.