Cassago, la filosofia di Messner: "L'alpinismo ha perso fascino, bisogna trovare stimoli"

Ospite a un evento, il grande mito della montagna traccia le differenze tra presente e passato: "Ora sull’Everest salgono in tanti su piste tracciate, nessuno si arrampica più"

L'alpinista Reinhold Messner

L'alpinista Reinhold Messner

Cassago Brianza (Lecco), 21 giugno 2022 - Dici alpinismo e dici Messner. L’equazione viene spontanea, perché Reinhold Messner è l’essenza dell’alpinismo per tutti gli appassionati di montagna e di avventura. Se è vero che l’alpinismo è una una specialità, una passione e, a volte, una filosofia per "pochi", è altresì vero che Messner in Italia e nel mondo lo conoscono un po’ tutti. D’altronde è stato lui, classe 1944, a salire per primo sull’Everest, nel 1978, senza l’ausilio dell’ossigeno ed è stato anche il primo al mondo a scalare tutti e quattordci gli 8000. Un mito assoluto che nella sua vita ha centrato tante imprese anche come "esploratore" in solitaria.

Lo abbiamo incontrato a Cassago Brianza dove era l’ospite d’onore della serata "A tu per tu con i grandi dello sport", organizzata da DF Sport Specialist. In serata c’è stata anche la proiezione, davanti a tantissimo pubblico, del film "Fratelli si diventa, un omaggio a Walter Bonatti, l’uomo del Monte Bianco", di Alessandro Filippini e Fredo Valla. "L’alpinismo è passato attraverso vari periodi storici – ha ricordato Messner -, dai pionieri del 1800 quando era difficile girare il mondo, a Cassin e poi a Bonatti. Walter è stato un’alpinista di avanguardia mondiale che ha effettuato cose memorabili sul Bianco, sul Badile. Il mio percorso è stato diverso, ho incominciato da specialista dell’arrampicata e poi sono diventato, dal ‘70’ in poi, un alpinista, facendo tutti gli 8000 metri, scalando le 7 montagne più alte di ogni continente".

"Oggi chi va sull’Everest, spesso e volentieri, cammina su una pista tracciata - ha proseguito Messner - e non arrampica neanche più… Il 99% di chi va sull’Everest, sale in elicottero fino al campo base o fino a 6900 metri. Scala con il doppio dell’ossigeno, è tutta un’altra cosa. La differenza principale però è che allora tu eri solo, dovevi accettare un altissimo rischio di morire perché non c’era nessun elicottero pronto a venirti a salvare… e questo fa tutta la differenza di questo mondo. Oggi la gran parte di chi va in vetta, posta una foto su internet ma non "vive" le emozioni che ho vissuto io e che hanno vissuto in tanti ai miei tempi. E una volta a casa, a loro resta poco. Mi ricordo nel giorno della festa dei 100 anni di Cassin che lui, un po’ assopito, si è destato quando abbiamo parlato della Ovest del Lavaredo e si ricordava ancora tutto il percorso in vetta, provando ancora grandi emozioni".

Bonatti è stato l’erede di Cassin ma Messner è l’erede di Bonatti. "Non mi sento un seguace, diciamo così, di Walter Bonatti ma da bambino ho letto delle sue imprese e mi ricordo di esserne sempre stato entusiasta. Nonostante il fatto che non ci siamo potuti avvicinare per tanti anni, anche per motivi "esterni", ho sempre avuto grande rispetto per Bonatti. E poi ci siamo incontrati perché tutti è due sapevamo che alla fine la pensavamo in maniera parallela… In tutti i miei scritti, Bonatti non manca mai. Pensate che a scuola, da giovanissimo a 11 o 12 anni, ho scritto un compito in classe di italiano, sicuramente con grandi errori, la storia di Walter Bonatti…".

Ai giorni nostri ci sono ancora alpinisti vecchia maniera. "L’alpinista più vicino a me è il polacco Woytek Kurtyka, un pensatore di altissima qualità, gran scrittore e grandissimo alpinista". L’elisir di lunga vita di Messner? Mai fermarsi, ma continuare a crescere e sognare nuove imprese e ad allestire musei per far conoscere la montagna e i suoi protagonisti. Dopo aver scalato tutti gli 8000 metri e le 7 vette più alte dei vari continenti Messner, a 40 anni, "non volendo mettermi davanti alla Tv con una birra ho incominciato una nuova fase e sono diventato avventuriero sull’orizzontale attraversando, tra gli altri, l’Antartide. Poco dopo i 50 anni, dopo essermi rotto un tallone, è iniziata un’altra fase della mia vita, con la costruzione del museo sulla montagna. E ora? Sto preparando un museo sugli Sherpa che regalerò loro per far conoscere la loro cultura a tutti".