DANIELE DE SALVO
Cronaca

È di colore, niente casa in affitto. La storia di Bur, premiato per aver salvato un bimbo e con il posto fisso: “Appena mi vedono cambiano idea”

Merate, ha ricevuto un riconoscimento dal prefetto dopo aver soccorso un bimbo intrappolato in un’auto rovente sotto il sole a picco. Vorrebbe portare qui la famiglia

Niang Mousse Diarra Bur per tutti è senegalese lavora come operaio. Sogna di portare la famiglia in Italia

Niang Mousse Diarra Bur per tutti è senegalese lavora come operaio. Sogna di portare la famiglia in Italia

Merate (Lecco) – Non si affitta ai neri. Nemmeno se “il nero” ha un posto di lavoro fisso, uno stipendio sicuro, i soldi per pagare. Nemmeno se ha salvato un neonato rinchiuso in un’auto rovente sotto il sole a picco, allertando i soccorritori, a rischio di essere portato in caserma e poi cacciato a forza dall’Italia, perché irregolare, clandestino, con due ordini di espulsione coatta pendenti. Un gesto che a Niang Mousse Diarra, Bur per tutti, senegalese di 46 anni che abita a Merate, che nel 2018 è valso il permesso di soggiorno. Non però appunto il diritto ad una casa in affitto. “Sono di colore, nessuno vuole affittarmi un appartamento”, racconta Bur.

Il 3 luglio 2017 Bur, che si guadagnava da vivere come vucumprà vicino all’ospedale di Merate, si è accorto di un neonato rimasto chiuso in macchina: la mamma continuava a piangere disperata sul vetro del finestrino ma nessuno la aiutava. Nessuno tranne Bur, che nonostante appunto clandestino, ha subito telefonato agli operatori del 112 per allertare carabinieri, vigili del fuoco e sanitari di Areu che hanno poi tirato fuori dall’auto il bimbo. Dopo aver allertato i soccorritori avrebbe potuto scappare per non essere identificato, invece lui è rimasto lì, si è tolto la maglietta di dosso e l’ha usata come parasole per fare ombra al piccolo che già manifestava i sintomi di un colpo di calore. Per il suo gesto, 12 mesi dopo il prefetto di Lecco lo ha premiato con il permesso di soggiorno. Grazie ad esso Bur ha poi trovato lavoro come operaio, a tempo pieno e indeterminato che gli permetterebbe di pagare affitto, cauzione e la anticipo. “Così finalmente mi raggiungerebbero anche mia moglie, mia figlia di 5 anni e gli altri due figli”, dice Bur, che si fa carico pure dei sue giovanissimi nipoti rimasti orfani. Peccato che al momento gli vengano chiuse tutte le porte, perché straniero.

Lo conferma Matteo Villa, suo grande amico di lunga data, quarantenne di Olgiate, che lo sta aiutando a cercare casa: “Fino a quando telefoniamo, prendiamo informazioni, fissiamo appuntamenti, garantiamo che non ci sono problemi per il pagamento, tutto ok. Poi quando apprendono che la casa è per un senegalese, salta tutto. “Ci spiace, sa com’è, preferiamo non affittare agli stranieri“”. Matteo in realtà non si capacita. “Bur è onesto, fidato, ha lavoro, stipendio, permesso di soggiorno; è in Italia da 15 anni, da quando è arrivato qui nel 2013 sbarcato a Lampedusa dopo aver attraversato il deserto a piedi e il Mediterraneo su un barcone; piuttosto che compiere un reato morirebbe di fame; ha salvato un neonato – si arrabbia Matteo -. Non è possibile che nel 2025 non trovi casa perché straniero”. Il tempo stringe, ad aprile Bur verrà sfrattato dall’abitazione dove ora abita con altri connazionali.