Armi, droga e video in stile narcos: 10 nei guai

Lecco, giovani idoli dei coetanei in rete nascondevano pistole (finte) e dosi vere. Perquisizioni in cinque città. "Ma nessuno ha detto nulla"

Immagini prese dai video di “Baby Gang“, nome d’arte del trapper Zaccaria Mourad

Immagini prese dai video di “Baby Gang“, nome d’arte del trapper Zaccaria Mourad

Lecco, 29 ottobre 2020 - Kalashnikov, revolver, droga e violenza a ritmo di musica trap diffusa via social con videoclip capaci di totalizzare milioni di visualizzazioni. «Non mi prenderanno più i caramba», scandiva in una delle sue ultime canzoni Baby Gang, nome d’arte di Zaccaria Mourad, dicannovenne lecchese di origini marocco-egiziane. Invece ieri mattina si sono presentati da lui non i «caramba», ma gli agenti della Squadra Mobile di Lecco, impegnati in una retata per perquisire casa sua e quella di un’altra cinquantina di giovani italiani tra i 18 e i 25 d’età, figli di magrebini, senegalesi, nigeriani, albanesi, slavi e burkinabè, molti dei quali pregiudicati. o con precedenti di polizia - fra i quali alcune rapine sui treni con armi finte nel 2018 - e comparsi nei suoi video, chi imbracciando un mitragliatore Ak-47, chi un paio di pistole a tamburo, chi coltelli e machete per inneggiare a rapine, cocaina, marijuna e boss, sfrecciando a tutta velocità su fuoriserie e fuoristrada nei tunnel della Statale 36, con cappucci calati in testa stile narcos. Durante la retata scattata su ordine del pm lecchese Giulia Angeleri tra Lecco, Milano, Monza, Novara, Varese, Sondrio e Treviglio sono stati sequestrati una scacciacani, un giubbotto antiproiettile vero e - in Valsassina da un kosovaro appena maggiorenne di Introbio poi arrestato - un etto di di coca, 115 grammi di hashish e 10 di chetamina. 

In dieci sono stati denunciati per porto illegale di armi e apologia di reato. A far scattare l’operazione è stato un poliziotto della Volanti di Lecco,che si è imbattuto nel trapper e negli altri giovani della “crew“ mentre giravano in massa alcune scene in centro a Lecco, per poi “reincontrarli“ in rete su Instagram e Youtube in clip che li mostrano impugnare armi da guerra, rivoltelle e machete. Il resto è stato tutto un lavoro all’antica, indagini vecchia maniera, risalendo uno per uno dai nickname sui sociali all’identità reale dei cinquanta ragazzi, idoli degli adolescenti in rete. «Nonostante le armi e l’esplosione in strada di alcuni spari nessuno ci ha mai allertato», rivela il commissario Danilo Di Laura, comandane della Mobile di Lecco che ha guidato il blitz.