
Simone Moro l’alpinista bergamasco delle invernali sugli Ottomila e Tamara Lunger, che nel 2014 ha salito il K2
Bergamo, 14 febbraio 2015 - Forse in molti pensavano che si fosse preso un anno sabbatico, visto il traffico che c’è quest’inverno sul Nanga Parbat, invece Simone Moro, l’himalaista bergamasco che più di altri ha riacceso l’interesse sulle scalate invernali ai colossi più alti della terra, torna a sognare una “prima” con un suo importante tributo alla storia dell’alpinismo. È il Manaslu, e più in particolare le due caratteristiche vette della montagna nepalese, l’obiettivo della piccola spedizione che parte proprio oggi. Con Moro questa volta ci sarà l’alpinista Tamara Lunger, altoatesina che qualche mese fa ha scalato il k2.
I due seguiranno le orme di due giganti dell’alpinismo, i polacchi Berbeka e Gajewski che il 12 gennaio del 1984 realizzarono la prima invernale del Manaslu, per poi concatenare la vetta principale di 8.163 metri con il meraviglioso Pinnacolo Est di 7.992 metri di quota. Quest’ultima scalata venne effettuata da altri due grandissimi polacchi: Kukuczka e Hajzer il 10 novembre del 1986. Una doppia salita che non è mai più stata ripetuta nemmeno nella stagione favorevole. Ecco perché quella invernale di Moro e Lunger sarebbe comunque una “prima”. In più c’è solo una donna ad aver salito un ottomila in inverno: fu Marianne Chapuisat nel 1993 sul Cho Oyu. «Sono passati più di vent’anni ed è il momento che il mondo esplorativo femminile entri a far parte delle scalate invernali», ha commentato Moro.
Simone c’era troppo traffico quest’anno sul Nanga Parbat?
«La verità è che David Goettler non voleva venire e Denis Urubko aveva già scelto di andare al K2 da Nord. Visto che ero rimasto senza compagni mi sono detto: quest’anno il Nanga Parbat lo lasciamo agli altri e allora ho iniziato a pensare a progetti alternativi».
Quali sono le incognite di questa salita?
«Le grandi incognite, come spesso succede sugli Ottomila e in particolare per le salite invernali, sono legate tutte alle condizioni meteorologiche e l’innevamento. Quest’anno dicono che ci sia molta neve al campo base del Manaslu e questo la dice lunga sul fatto che probabilmente dovremo “ravanare“ parecchio. Speriamo che la parte alta della montagna sia messa un po’ meglio».
Raggiungere la cima sarà di per sé un’impresa, ma la traversata verso il Pinnacolo Est quali problemi nasconde?
«Ci siamo acclimatati per essere veloci ed efficienti in qualsiasi situazione. Il problema è che la traversata richiede una grande resistenza. Kukuczka e Hajzer hanno dovuto bivaccare fra una cima e l’altra durante la loro salita. Noi non abbiamo nessuna intenzione di dormire là, non con quel freddo. Per questo dovremo essere molto veloci. Bisogna calcolare una giornata intera per raggiungere la vetta e traversare fino all’altra cima».
Secondo te perché dopo la scalata del 1986 nessuno ha più ritentato il concatenamento delle due cime?
«Non so spiegarmi perché da quasi trent’anni nessuno la tenta. Probabilmente perché quelli che vanno al Manaslu vedono solo la bellezza della cima principale e poi c’è ancora una certa miopia davanti agli obiettivi alternativi».
Simone Moro ha salito in prima invernale tre ottomila: lo Shisha Pangma nel 2005, il Makalu nel 2009 e il Gasherbrum II nel 2011 e ha tentato per diverse il Nanga Parbat in inverno, l’ultima volta l’anno scorso.