Perledo, Alberto Ongania scomparso: "Restituiamo l’invalidità"

I familiari del 53enne che ha fatto perdere le sue tracce ormai da venti giorni: non vogliamo nulla dallo Stato che non lo cerca

Alberto Ongania

Alberto Ongania

Perledo (Lecco) - Mamma Luigia sa che Alberto, il suo figlio speciale, non tornerà più a casa vivo. Probabilmente è morto stroncato da un malore oppure in seguito a un infortunio letale durante una delle sue lunghe passeggiate sui sentieri della zona. Mamma Luigia vorrebbe però almeno trovare il suo corpo per seppellirlo e avere una tomba dove piangerlo. Per questo ieri, nonostante i suoi 79 anni, ha partecipato pure lei alle ricerche di Alberto o meglio della sua salma, insieme a una cinquantina di volontari che hanno battuto a tappeto e passato al setaccio dal mattino fino a sera i boschi e il lungolago tra Lierna a Sud, Dervio a Nord e Esino Lario verso i monti. Sono tutti amici, familiari, consiglieri comunali, persone del paese: non vigili del fuoco né tecnici del Soccorso alpino, tantomeno carabinieri o specialisti della Protezione civile, perché le ricerche ufficiali sono sospese.

Nonostante la giornata di ricerche, Alberto Ongania o meglio le sue spoglie non si trovano ancora: il 53enne di Perledo, invalido civile, è sparito da quasi 20 giorni, dal pomeriggio di venerdì 11 novembre. "Vorremmo trovare presto i suoi resti, per sapere cosa gli sia accaduto, elaborare il lutto, provare ad andare avanti – spiega Renato, uno dei tre fratelli di Alberto – Fino a quando non lo troveremo, rimarremo come sospesi".

I tabulati con la triangolazione delle celle che il suo smartphone ha agganciato probabilmente aiuterebbero a restringere il campo delle ricerche. Nessuno tuttavia vuole assumersi la responsabilità di chiederli, perché per legge non è possibile: Alberto non è ufficialmente morto, non è considerato neppure in imminente pericolo di vita perché si presume sia appunto deceduto sebbene non lo si possa dichiarare e non ci sono i presupposti per ipotizzare che sia stato ucciso. Non si può quindi richiedere ai gestori di Postemobile, di cui risulta cliente, di consegnare i report del suo cellulare perché costituirebbe una violazione della privacy.

«Sembra assurdo, quasi ridicolo, ma è così – conferma Renato, che per protesta riconsegnerà i 522 euro e 75 centesimi dell’ultimo assegno di invalidità riconosciuto al fratello, accreditato dopo la sua scomparsa – Da uno Stato così, con leggi così, non vogliamo nulla".