Terzo polo e Moratti, il grande freddo. Il rischio di non raggiungere la doppia cifra

Quattro mesi e mezzo fa alle elezioni politiche Italia Viva e Azione in Lombardia erano andate sopra il 10%. E l'ex vice di Fontana (con la sua lista) non c'era

Impossibile fare classifiche fra gli sconfitti: la vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Lombardia è talmente evidente che non ha molto senso attribuire la palma di "peggior perdente" al centrosinistra con M5S che sosteneva Pierfrancesco Majorino piuttosto che al Terzo polo che aveva promosso la candidatura civica di Letizia Moratti, ex vice di Attilio Fontana in Regione ed ex sindaco di centrodestra a Milano.

E nemmeno, forse, è giusto affermare che se centrosinistra e Terzo polo avessero messo da parte le differenze per presentare un unico avversario da contrapporre al governatore riconfermato, l'esito sarebbe stato diverso. La somma algebrica dei voti ottenuti da Majorino e Moratti, infatti, li collocano ben distanti da Fontana. E, comunque, le differenze fra le due personalità scelte per provare a contendere la Regione al centrodestra, più che fra le due proposte, sono talmente chiare che pensare, a posteriori, alla possibilità di un'alleanza nelle urne è piuttosto complicato.

Terzi e staccati

Meglio, quindi, ragionare sui risultati ottenuti dalle singole coalizioni. Del centrodestra si è detto, delle difficoltà - ormai endemiche? - del centrosinistra pure, sul piatto resta quella che era la novità di questo turno, la candidatura civica di Letizia Moratti, sul cui carro è saltato il Terzo polo targato Calenda-Renzi. Ebbene, per quanto l'ex presidente della Rai si dichiari fiduciosa, sostenendo che "da questo ko può nascere una nuova proposta politica", appare evidente che né la scelta di Moratti, né la collocazione "terzista" rivendicata in più di un'occasione dagli esponenti di Italia Viva e Azione, ha convinto gli elettori lombardi.

Le prime proiezioni davano la coalizione centrista appena sopra il 10%, ben lontana da un'asticella che non era mai stata fissata in termini percentuali ma che dalle dichiarazioni degli esponenti del fronte morattiano appariva essere collocata ben più in alto. I voti veri, poi, al momento rivelano uno scenario se possibile peggiore. Dopo che è stato scrutinato più di un terzo delle sezioni, la coalizione formata dalla civica Moratti presidente e dal "rassemblement" Italia Viva-Azione sopra il 9% ma comunque distante dalla doppia cifra. Un grande freddo dove va un po' meglio alla lista con il nome del candidato (al 5%) piuttosto che al cartello che contiene i simboli dei due partiti "personali" di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che si fermerebbe al 3,9%. Il terzo polo non sfonda nemmeno a Milano, la metropoli che - si pensava - avrebbe potuto regalare più gioie a Moratti e i suoi: con più di mille sezioni scrutinate il risultato nella provincia è appena sopra il 10% (ma in città si sfiora il 14%). E pensare che alle elezioni politiche - quattro mesi e mezzo fa, ma sembra un'era geologica - Azione e Italia Viva avevano ottenuto il 10,3% alla Camera e il 10,1% al Senato, senza Moratti.

Flop senza appello

Più che di effetto traino, quindi, sarebbe meglio parlare di effetto "freno" provocato dalla scelta di puntare su Moratti, fino a una manciata di settimane fa vice di Attilio Fontana. In questo momento appaiono distanti e malinconici i proclami lanciati a più riprese dall'ex assessore alla Sanità e Welfare. Una rapida ricerca è sufficiente a restituire il divario fra auspici e realtà: "Voglio vincere", disse Moratti in sede di presentazione della sua lista nel novembre 2022. "Con i temi concreti posso vincere" aveva ripetuto la candidata, citando il "modello Expo". E, solo pochi giorni fa, pareva ancora convinta. "Perdere? Non è previsto".