SANDRO NERI
Editoriale e Commento

Prima le tasse

L’anno scorso gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all’ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell’Unione europea

Milano, 4 agosto 2019 - I numeri parlano chiaro: l’anno scorso gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all’ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell’Unione europea. Un differenziale, precisa uno studio della Cgia, che pesa quasi 2 punti di Pil. E che si traduce in 552 euro in più versati al Fisco da ogni italiano rispetto alla media degli altri europei. Il nodo delle tasse resta decisivo anche per la tenuta del governo, considerato il fatto che Matteo Salvini ha posto l’aut aut all’alleato pentastellato in materia di flat tax. Il leader del Carroccio ha avvertito il premier Giuseppe Conte che la Lega non voterebbe mai una manovra di bilancio che non prevedesse una robusta riduzione dei tributi. È una partita non solo italiana ma europea perché, come i dati della Cgia di Mestre sottolineano, esiste un legame diretto tra il livello di imposizione fiscale e il livello del Pil. Bruxelles ha imposto i ben noti parametri da non sforare. E quindi bisognerà verificare, a partire da settembre, quali misure fiscali promesse da Lega e Movimento 5 Stelle saranno compatibili con la tenuta dei conti dei pubblici. 

Soprattutto, quanto saranno in linea con i vincoli dell’Unione europea. La prossima non sarà comunque una manovra qualsiasi, visto che i rumors più accreditati fissano alla primavera prossima la conclusione dell’attuale legislatura e lo svolgimento delle elezioni politiche anticipate. Sia a Matteo Salvini che a Luigi Di Maio staranno a cuore soprattutto due prerogative: non inserire misure impopolari e dare testimonianza tangibile della tanto sbandierata riduzione delle tasse. Sarebbe difficile per i due vicepremier presentarsi in campagna elettorale magari già nei primi mesi del 2020 senza poter esibire trofei come quelli conquistati quest’anno con il reddito di cittadinanza e il decreto sicurezza bis. Due battaglie di bandiera che hanno consentito ai partiti di governo di conservare la maggioranza assoluta dei voti, sia pure a parti invertite fra Lega e Movimento 5 Stelle. Per legittimare le sue ambizioni di premiership il Capitano ha bisogno di una investitura popolare che potrebbe arrivargli solo se riuscisse a intestarsi una manovra contenente la flat tax. I redditi sotto i 55.000 euro pagherebbero solo il 15 per cento di tasse. E quell’enorme fetta di popolazione che guadagna meno di quella cifra sarebbe probabilmente disposta a riconoscergli un consenso elettorale decisivo. L’ipotesi di un governo tecnico che faccia solo la manovra e porti il Paese rapidamente alle urne sembra perdere terreno, anche a causa delle divisioni nei partiti di opposizione. Le conflittualità esasperate dentro il Pd fra seguaci del segretario Nicola Zingaretti e renziani impediscono ai dem di avere una linea politica chiara. Stessa cosa si può dire di Forza Italia, tanto più dopo la fuoriuscita del governatore ligure Giovanni Toti. Impensabile quindi che nascano in questa legislatura altri esecutivi con maggioranze alternative.