L’insegnamento di Amelie

Essere felici e farci caso, il difficile esercizio che le tragedie ci ricordano di fare

C’è un libro dello scrittore statunitense Kurt Vonnegut il cui titolo è di una semplicità e allo stesso tempo di una potenza disarmanti: “Quando siete felici, fateci caso”. Bisognerebbe stampare queste parole a lettere cubitali e incollarle sul soffitto per leggerle appena svegli, scriverle sullo specchio del bagno, usarle come sfondo del cellulare. Non si vuole, qui, fare retorica banale e spiccia ma invitare a una riflessione prima di tutto chi scrive e poi chi legge: siamo polvere di stelle destinati a svanire in un soffio, meglio se il nanosecondo che dura la nostra esistenza lo passiamo felici e consci di esserlo, no? Immagino che Amelie, la ballerina di Bollate volata in cielo a 11 anni per una malattia che si è presa la sua vista e la sua leggerezza a 5 anni, non conoscesse Vonnegut ma una cosa – a leggere le parole scritte su di lei dallo zio durante la cerimonia di addio – mi sembra certa: nella sua breve e luminosa vita ha messo in pratica fino alla fine questo consiglio prezioso. “Cercheremo di non dare per scontata la felicità”, ha scritto lo zio della piccola parlando a nome dei genitori. Ecco, lo faremo anche noi.