Transizione green, l'impatto in Lombardia: aziende coinvolte e posti di lavoro a rischio

Da Milano a Brescia passando per Bergamo: maxi costi sociali dalla decarbonizzazione. Oltre 2,5 milioni di persone impiegate in settori molto inquinanti

Milano, 27 febbraio 2023 - Posti di lavoro che si creano sull’onda della green economy, e altri che potrebbero sparire nell’arco dei prossimi anni. Aziende che investono e si riconvertono, mentre altre rischiano di rimanere con le spalle al muro. Il sistema economico della Lombardia è di fronte a un bivio, che non riguarda solo la partita sull’auto elettrica e sullo stop ai motori endotermici dal 2035 ma anche una miriade di altre produzioni interessate dal processo di decarbonizzazione al centro dell’agenda europea.

Il "caso" lombardo

Riguarda l’industria ma anche l’edilizia, la logistica e l’agricoltura. La Lombardia, emerge da una ricerca condotta dalla Cgil Lombardia e da Està-Economia e Sostenibilità, "è la regione economicamente più evoluta del Paese ma anche la regione più sensibile ai cambiamenti richiesti dalle politiche di decarbonizzazione". Un territorio "vulnerabile ai rischi di transizione", proprio per l’altro numero di persone occupate in settori al centro di una corsa per ridurre le emissioni che potrebbe lasciare molte aziende ai nastri di partenza.

I numeri città per città

Un processo con "rilevanti opportunità di crescita economica e occupazionale" che va "ben indirizzato e gestito" per scongiurare i potenziali rischi. I settori ad alte emissioni sono responsabili del 71,6% del totale delle emissioni di gas serra in Lombardia e assorbono il 44% degli occupati nella regione. Il bacino di occupati che in Lombardia appartengono a settori che verranno più impattati dal processo di decarbonizzazione ammonta quindi a oltre 2,5 milioni di persone, su un totale di 4,5 milioni. Di questi, quasi il 60% (poco più di 1,5 milioni) lavorano in tre province (Milano, Brescia e Bergamo), che insieme cubano il 42,4% delle emissioni della Lombardia. Seguono Varese e Monza-Brianza. Solo nella Città metropolitana, 680.114 persone lavorano nei settori ad alte emissioni e nei comparti energivori. In aree come Mantova e Cremona, invece, l’agricoltura, settore "a più alta intensità emissiva unitaria", rappresenta "un fattore ad elevata vulnerabilità".

La politica industriale

"In Lombardia manca una politica industriale in grado da affrontare le sfide a cui siamo chiamati – sottolinea il segretario generale della Uil Milano e Lombardia, Enrico Vizza – e la Regione deve costituire una cabina di regia investendo risorse a sostegno delle famiglie e dei lavoratori. In Lombardia solo nel settore automotive ci sono circa mille imprese e 50 mila lavoratori che si troveranno a fare i conti con le decisioni europee, con un rischio di 15-20 mila posti di lavoro".

Opportunità e rischi

Le case produttrici di auto sono proiettate verso il 2035, spiega Vittorio Sarti (Uilm Milano), ma "è tutto l’indotto che soffrirà, a partire dagli artigiani che si occupano di lavorazioni sui motori. Prima o poi inizieremo a produrre batterie o le compreremo per sempre dalla Cina? Dove andremo a recuperare l’energia elettrica necessaria? La transizione è un’opportunità, ma così rischia di diventare un disastro sociale". Anche il segretario generale della Cisl Lombardia, Ugo Duci, chiede una "transizione tutelata", per "accompagnare le riconversioni industriali proteggendo l’occupazione".