
Un copywrier freelance prende in media 2.162 euro lordi al mese (foto di repertorio)
Dai disegnatori di cartoni animati "pagati al secondo" ai copywriter freelance sfruttati da colossi della pubblicità e della comunicazione digitale. Il guadagno, per le aziende, è fotografato dai numeri elaborati dal sindacato Nidil-Cgil, che segue lavoratori autonomi non iscritti a un ordine professionale. Un copywrier freelance prende in media 2162 euro lordi al mese.
Il costo medio sostenuto da un’azienda per un dipendente che si occupa della stessa mansione, inquadrato con il contratto collettivo del settore, è di 3160 euro al mese, comprendendo anche tredicesima, Tfr, versamenti previdenziali e altre voci di costo. Una differenza, quindi, di mille euro al mese.
"Il compenso di una partita Iva dovrebbe essere equivalente all’intero costo aziendale sostenuto per assumere dipendenti per una mansione equivalente", spiega Roberta Turi, segretaria Nidil-Cgil. "Questo, secondo noi, dovrebbe essere il parametro per stabilire un equo compenso". E frenare così il ricorso alle "false partite Iva", che lavorano quasi esclusivamente per un solo committente, per risparmiare sul costo del lavoro.
La battaglia per "il diritto all’equo compenso" è partita dalla Camera del lavoro di Milano, con un incontro per mettere a confronto idee e proposte per migliorare la legge 49/2023 sulla soglia minima al di sotto della quale un libero professionista non può essere pagato per una determinata prestazione.
Una legge che "è un passo avanti" ma deve trovare una reale applicazione in una realtà "drammatica" di sfruttamento diffuso fotografata dai numeri. Il reddito medio annuo di un lavoratore autonomo non iscritto a un ordine professionale è di 16.900 euro lordi. Il 46,3% guadagna meno di 10mila euro mentre solo il 21,3% supera i 25mila euro.
Numeri rimasti invariati, secondo un’elaborazione della Cgil su dati Inps, dal 2021 al 2022, nonostante l’inflazione all’8,1%. Si registra, inoltre, un pesante divario di genere. Un uomo prende in media 19.465 euro lordi all’anno, che scendono a una media di 14.313 euro considerando solo le lavoratrici autonome. Dati che, quindi, si riflettono sulle pensioni, con un "effetto devastante".
Tra i professionisti solo il 36% raggiunge i 12 mesi di contribuzione necessari per avere un anno di contributi pensionistici. Ancora peggiore, la situazione, per i collaboratori, i cosiddetti Co.Co.Co. Il reddito medio annuo è di 8.114 euro lordi, addirittura in diminuzione rispetto al 2021 di 400 euro. Il 75% della platea non raggiunge i 10mila euro lordi e solo il 6,3% supera i 25 mila euro. Tra i collaboratori, quindi, solo il 13% raggiunge i 12 mesi di contribuzione necessari per avere un anno di contributi pensionistici.
"Il mio è un caso fortunato ma tra le partite Iva c’è una situazione di diffuso malessere", spiega la 47enne Marina Trentin, da 20 anni lavoratrice autonoma nel campo della progettazione ambientale. "La maggior parte delle partite Iva sono malpagate – prosegue – e nella maggior parte dei casi costrette a lavorare per un solo committente, sostituendo di fatto i lavoratori dipendenti. Le donne che hanno figli, inoltre, restano senza tutele. Succede anche in aziende che si vendono come luoghi di lavoro positivi e sostenibili, con operazioni solo di facciata. Lo sfruttamento – conclude – riguarda anche i giovani che si affacciano alla libera professione in settori regolati da ordini professionali: pensiamo a quello che accade in grandi studi di architettura o in affermati studi legali".