Pagamenti elettronici, la spinta di virus e cashback

Un primo bilancio dell’iniziativa del governo Conte

Migration

di Andrea Telara

Più di 7,6 milioni di aderenti, oltre 229 milioni di transazioni e circa 13,5 milioni di strumenti di pagamento attivati. Sono i numeri dall’inizio dell’anno del Cashback (aggiornati al 22 febbraio scorso), cioè l’iniziativa con cui il governo Conte Bis ha voluto dare una spinta ai pagamenti digitali, consentendo ai cittadini di avere un rimborso in denaro, proporzionale alle somme spese con gli strumenti tracciabili come le carte di credito o il bancomat.

Lo scopo è di combattere l’uso del denaro contante, dietro al quale si nascondono spesso pagamenti in nero e pratiche di evasione fiscale. È ancora presto per tirare un bilancio degli effetti del Cashback, cioè per capire se tale iniziativa è servita per far crescere davvero l’uso della moneta elettronica o se invece andrà soltanto a beneficio di chi già fa ricorso ai pagamenti digitali. Per ora, fanno fede i dati raccolti dal governo con l’applicazione IO, che deve essere scaricata dai consumatori per poter aderire al Cashback di Stato. Le statistiche disponibili con

sentono almeno di tracciare un primo identikit degli utilizzatori di carte di credito e di pagamenti elettronici che aspettano il rimborso delle somme spese. In poco più di 7 settimane trascorse dall’inizio dell’anno, oltre 1,5 milioni di persone ha svolto sinora con le carte o il bancomat un numero di transazioni compreso tra 10 e 19 (in media tra due e tre la settimana). Poco meno di 1,5 milioni di italiani hanno invece effettuato nei primi due mesi dell’anno tra 20 e 29 operazioni e un’altra "fetta" di quasi 1,5 milioni di persone si è fermata a meno di 10 pagamenti.

Molto meno numerosi, invece, sono i nostri connazionali che aderiscono al Cashback e che usano gli strumenti elettronici con molta frequenza: non più di un milione di consumatori ha fatto in due mesi tra 30 e 39 pagamenti a testa, altri 500mila ne ha svolte tra 40 e 49 e un altro mezzo milione scarso di italiani circa ha eseguito più di 50 transazioni pro capite. Gran parte dei pagamenti eseguiti con il Cashback (quasi 38 milioni) è di importo medio, compreso tra 25 e 50 euro (sempre con dati aggiornati al 22 febbraio). C’è stato però un numero considerevole di pagamenti (oltre 23 milioni) che ha avuto importi modesti, tra 5 e 10 euro. Una fetta di oltre 20 milioni di operazioni si attestata in un intervallo tra 10 e 15 euro. Segno evidente che ormai la moneta elettronica e digitale sta prendendo campo anche per le piccole spese dei nostri connazionali e non soltanto gli acquisti più impegnativi.

A ben guardare sono stati soltanto 1,5 milioni circa, cioè una minoranza, i pagamenti legati al Cashback con importo sopra i 300 euro, mentre quelli compresi tra 100 e 299 euro sono stati nel complesso quasi 10 milioni. Qualunque sarà l’effetto del Cashback di Stato, una cosa sembra comunque certa: gli scambi di denaro attraverso strumenti digitali, dal bancomat alla credit card fino alle app del telefonino, sembrano ancora avere di fronte a sé la strada spianata, soprattutto dopo la pandemia del Covid-19. A dirlo è stato anche un recente studio della multinazionale della consulenza Deloitte, dal titolo "Umanesimo digitale, stella polare della ripresa". Secondo l’indagine, effettuata in diversi paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Svizzera, Regno Unito e nazioni scandinave), ben il 30% dei consumatori ha provato per la prima volta lo shopping online e l’e-banking proprio durante la prima ondata dell’epidemia del Coronavirus.

Quasi la stessa quota di intervistati (35%) pensa che sfrutterà i canali di vendita digitali anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Ancora più significativo, secondo gli analisti di Deloitte, il dato sulla popolazione anziana: per sfuggire all’isolamento e alla solitudine, quasi la metà (44%) dei pensionati ha usato per la prima volta le tecnologie digitali durante la pandemia. Tuttavia, dallo studio emerge anche un altro aspetto importante: digitalizzare ogni esperienza non è sempre la soluzione migliore e il 41% degli intervistati dichiara di preferire un mix tra canale online e fisico quando si trova a fare shopping. C’è poi una quota del 38% dei consumatori che ritiene che il processo di digitalizzazione non consideri sufficientemente l’aspetto umano.