Svolta elettrica e calo di vendite. Automobile, a rischio in 50 mila

Officine, concessionarie: crollano le immatricolazioni e le batterie cinesi “licenziano” i meccanici

Lavoro

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Milano - Olio, freni, tagliandi, cambio delle cinghie di distribuzione, candele e liquidi. La rivoluzione elettrica dell’automotive, fra turbolenze legate alla transizione energetica, carenza di microchip e componenti, ritardi o rinvii della produzione, rischia di mettere in pericolo in Lombardia una buona parte dei 50mila addetti del settore. Non operai, tecnici, ingegneri e impiegati delle fabbriche di componentistica e veicoli, ma venditori, meccanici, tecnici e amministrativi di una miriade di concessionarie, rivenditori autorizzati, meccanici ed elettricisti di tutta la regione. Se sono 80mila in tutto i lavoratori dell’indotto lombardo dell’automotive, la gran parte non lavora né in una fabbrica di ruote o freni, né di sedili o componenti elettroniche ma nei vecchi e cari autosaloni.

Se le fabbriche, con 747 riti produttivi, spesso soffrono o hanno chiuso, come la Gianetti di Ceriano Laghetto che faceva cerchi, o ridimensionato, come la Marelli di Corbetta, o cambiato proprietario, come la ex Bosch di Offanengo, il crollo del mercato sta già provocando inevitabili conseguenze sulla rete di vendita. Nel periodo gennaio-ottobre 2021, la Lombardia è rimasta la regione italiana dove si sono immatricolate più auto: 201.953. Un record relativo, perché il calo è a doppia cifra rispetto agli anni d’oro. Le case automobilistiche, italiane e straniere, stanno già cambiando modello. Via le concessionarie, dentro le commissionarie. Nel cambio di vocabolo c’è una differenza sostanziale. Finora le vetture erano proprietà della società venditrice, obbligata a comprarne e a smerciarne, magari con grandi sconti e bassi margini per i produttori. Ora, le vetture saranno proprietà delle case madri. Ne manderanno quante ne servono per fare margini di guadagno, con numeri più bassi. Significa, in prospettiva, ridurre il numero di persone in servizio.

Ma è anche la svolta ecologica a costringere molti a cambiare mestiere (o a perderlo). Difficile che l’officina sotto casa, che continuerà pur a occuparsi di gomme, freni o riparazioni di carrozzeria, possa - su un’auto elettrica con batterie made in China - lavorare come su un motore a scoppio. Da qui la preoccupazione palpabile per i circa 50mila lombardi che partecipano alle diverse reti commerciali e di assistenza. A far da sfondo, il crollo della produzione interna di autoveicoli, passata da 1,4 milioni del 1999 ai poco più di mezzo milione del 2019. Vent’anni che hanno favorito le filiere di Germania, Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia e Turchia.