
Lavoratori
Milano – Operai, produzione e qualità. Un’offerta di lavoro su tre ha interessato questa mansione (30,2%). Contabili e segretari sono lontani, fermi al 10%, appena sopra magazzinieri e addetti per la logistica (9,8%). Il mercato del lavoro in Lombardia, fotografato dall’Osservatorio 2024 di InfoJobs, piattaforma leader per la ricerca di lavoro online, sembra confermare “il rallentamento dell’economia lombarda dopo il crollo del Covid e la rapida ripresa”, spiega Emilio Reyneri, professore emerito di sociologia del lavoro dell’Università Milano-Bicocca, uno dei massimi esperti nel panorama nazionale.
Quanto preoccupa il calo delle offerte di lavoro in Lombardia?
“La ripresa, “drogata“ in parte dal Superbonus al 110% e dal Pnrr, si sta fermando. Le crisi industriali, soprattutto nel settore degli elettrodomestici, sono un altro segnale”.
Quali sono le cause di questo rallentamento?
“Indubbiamente i contesti internazionali. La Germania è in crisi da tempo e l’economia lombarda dipende da quella tedesca. C’è lo spettro dei dazi degli Stati Uniti. Una follia che può provocare da un lato nuova inflazione, dall’altro guerre commerciali. Le prospettive per i prossimi mesi e l’inizio del 2026 non sono delle migliori”.
Si parla di trasformazioni digitali, automazione e nuove professioni, ma i profili più richiesti sono ancora quelli tradizionali. C’è una contraddizione?
“Per ora l’avvento delle tecnologie ha interessato più il modo di lavorare che la professione. Ci sono tuttavia dei cambiamenti tangibili: pensiamo ai supermercati. Nel prossimo futuro sarà il consumatore a pagare direttamente senza la mediazione della cassiera. La rivoluzione per ora non si sente perché ci sono ancora anziani che non hanno nelle corde questa abitudine. Mi aspetto che in questo settore si cercheranno solo magazzinieri, responsabili di reparto e macellai. C’è poi un secondo aspetto: i lavori pesanti, quelli in cui ci si sporca le mani, non sono ambìti. Le aspirazioni dei giovani sono cresciute, spesso sono figli unici che vivono in casa con genitori che percepiscono due redditi. Questi ragazzi possono permettersi di aspettare la professione desiderata”.
Quanto incide il mismatch, il mancato allineamento tra le richieste delle imprese e le capacità dei lavoratori?
“Incide. È un problema di rapporto col sistema formativo e “culturale“ delle piccole imprese. Leggiamo che le aziende lamentano la carenza di profili adeguati, ma nessuno indica strategie alternative. Si arrendono? Cercano all’estero? Ritengo che la piccola impresa voglia trovare lavoratori pronti all’uso: è un limite culturale e di risorse economiche mancanti per formare un lavoratore dalle competenze generali alla mansione specifica”.