
La galleria BKV Fine Art propone 64 opere in un dialogo continuo fra antico e moderno. Dai pittori lombardi seguaci di Andrea Solari a Bertozzi&Casoni, Giuseppe Vermiglio e Vik Muniz.
Singolare affondo, inquietante ed attraente al contempo, nella storiografia artistica della "testa mozza". Insomma, una mostra da “Perdere la testa“, ironizza lo scrittore Gianni Biondillo che firma un divertente racconto nel catalogo a corredo dell’esposizione. Attraverso sessantaquattro opere - dai pittori lombardi seguaci di Andrea Solario a Bertozzi&Casoni, da Giuseppe Vermiglio a Julian Schnabel, da Vik Muniz a Mario Balassi, da Arturo Martini a Claude Vignon – la Galleria BKV Fine Art (via Fontana 16) invita i visitatori (sino al 20 dicembre), a riflettere sul cambiamento del nostro modo di percepire la violenza nel mondo contemporaneo, a partire da uno sguardo sull’antico. La selezione, accurata, di questa iconografia dall’antichità ai giorni nostri, parte da alcune delle teste più famose della storia, come quelle di San Giovanni Battista, Golia e Oloferne. Accanto ad essi, compaiono anche i rispettivi carnefici: Salomè, Davide e Giuditta. L’imponente tela di Giovanni Battista Maino raffigurante Salomè con la testa del Battista accoglie lo spettatore all’ingresso della galleria. L’opera, attribuita al grande artista spagnolo dallo studioso Gianni Papi, sintetizza in maniera magistrale l’ideale iconografico barocco in cui sacro e profano si coniugano. In un dialogo continuo con l’arte contemporanea (come la reinterpretazione di Bertozzi&Casoni, dove la figura del Battista è sostituita da quella di un gorilla), a partire dalle opere di Giovanni Testori, Renato Guttuso e Andrea Salvatori, o i corpi decapitati stampati su lastre di acciaio specchiante dell’artista iraniano Arash Nazari. Parte della selezione di opere in mostra, ora nella Collezione Koelliker, proveniva originariamente proprio dalla collezione di Giovanni Testori, scrittore, giornalista e artista, anche egli ossessionato da questa tipologia di opere.
Accostate ad una terracotta di Arturo Martini dei primi anni ‘30, sono esposte una serie di Giuditte di pittori seicenteschi tra cui una tela di Giuseppe Vermiglio esponente di spicco del caravaggismo lombardo.