
Raoul Bova
Milano – In ‘Don Matteo 14’, in onda dal 17 ottobre su Rai 1, in prima serata (produzione Lux Vide del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction), Raoul Bova, noto volto del cinema e del piccolo schermo, è un prete dai grandi contrasti interiori e dalle mille sfumature. L’eclettico attore anche in questa stagione ci stupirà per la sua maestria e duttilità, riservandoci non poche sorprese.
Ha interpretato diversi ruoli. Qual è quello che le è più affine?
“Nel mio approccio con le storie, scopro sempre qualcosa di me nel personaggio che rivesto, la parte nascosta, che non avrei mai potuto conoscere. Ciò mi fa capire che abbiamo tante sfaccettature, per cui potremmo essere un po’ ‘Uno, nessuno e centomila’, come diceva Pirandello”.
Com’è riuscito ad impersonare il ruolo di don Massimo?
“Con la semplicità di un uomo con un passato difficile, che cerca nel sacerdozio la speranza di una vita migliore. Era stato un carabiniere dello squadrone ‘Cacciatori Sicilia’ e le cose non erano andate molto bene. Poi si approccia un po’ in ritardo al sacerdozio e ha ancora la voglia di risolvere i dogmi insiti nella religione, nel rapporto con Dio. In questa stagione si affronterà molto il tema del perdono e della seconda opportunità”.
Poi?
“Don Massimo crescerà come uomo e come prete, mettendosi a dura prova. Mostrerà il suo lato umano, perché prima di essere un sacerdote è un uomo. L’istinto lo induce a non perdonare, ma grazie al rapporto con Dio, riuscirà a capire cosa significhi il perdono. E’ una persona introspettiva, ma anche positiva. Farà catechismo ai ragazzi, dando vita a cose meravigliose. Fra loro ce n’è uno con la sindrome di down, parte molto tenera…”
E’ un noto attore. Questo sognava di fare da bambino?
“Vivevo una realtà diversa. Mi piaceva quello che riguarda lo sport: gli allenamenti, la psicologia. Forse volevo diventare un allenatore. Come al solito, poi, la vita ti sorprende e, quando arriva un’opportunità e si è un po’ apprezzati, si avverte il bisogno di fare qualcosa in più. Quindi, mi recai in America, per frequentare i corsi dell’Actors Studio…”
E com’era?
“Molto timido, abbastanza vivace e le due cose non collimavano. Mi piaceva l’avventura, arrampicarmi sugli alberi, fare le cose più spericolate. Infatti, tutti i segni, che porto sul corpo, me li sono procurati da bambino. Lo sport, a cui mi accostò mio padre, per evitare che stessi troppo in giro, correndo rischi e pericoli, ha stemperato la mia vivacità, che ho sfogato nel nuoto”.
Rapporto figlio-genitori e padre-figli.
“Non avrei potuto desiderare genitori migliori. Mio padre è stato un vero esempio di padre e altrettanto mia madre, con tutte le sue stranezze: era estrosa, divertente. Da loro ho ereditato una parte introspettiva ed una molto allegra. Ho sempre sognato di essere un padre come lo era lui. A modo mio, cerco di esserlo, nonostante sia assente spesso per lavoro”.

C’è qualcosa che la spaventa?
“La cattiveria, la violenza fine a sé stessa, la mancanza di attenzione verso i diritti umani. E anche l’isteria della gente, che conduce alle guerre. Mi spaventa un individuo egoista o che non ti ascolta. E’ come un involucro vuoto, con la testa da una parte e il corpo dall’altra. Sono, però, speranzoso in una reazione da parte dei ragazzi di oggi”.
Se dovesse definire la sua vita?
“Ho avuto tanto, ma anche momenti in cui sono stato messo alla prova e pensavo di non farcela. Poi, molte cose sono migliorate, grazie alla forza d’animo, l’integrità e l’essere se stessi”.
Il giorno in cui calerà il sipario…
“Mi lascerò trasportare dalle situazioni. Mi occuperò della famiglia, viaggerò, supporterò associazioni di beneficenza, il prossimo. Mi è già capitato di farlo ad Haiti, al tempo del terremoto. Il cinema sicuramente mi ha aperto tante finestre, ma anche senza di esso andrò sempre ad aprire quelle finestre, per curiosità”.
Un ricordo legato a Milano?
“Ho fatto il mio primo spettacolo al Piccolo Teatro Strehler, un Macbeth in versione moderna, una delle più belle esperienze teatrali. Ho vissuto Milano nella sua quotidianità. E’ veramente bella, internazionale, anche se un po’ costosa”.
Milano e Roma a confronto.
“Roma ti offre uno spettacolo a cielo aperto di tutto quello che è la storia. A Milano vi sono tante opportunità di lavoro e cose che funzionano. E’ più organizzata, in quanto più piccola, leggermente più vivibile e facilmente percorribile anche a piedi”.
Milano è il palcoscenico di…
“Un bel concentrato di cultura, giornalismo, teatro, musica lirica, moda. E’ il centro di grandi manifestazioni importanti. Ha tutte le caratteristiche per brillare, ma non sempre si è in grado di amarla, come dovuto”.