CLAUDIO NEGRI
Cultura e Spettacoli

Quelle notti prima degli esami tra afa e birrette

Negri Notte prima degli esami. Anzi: notti prima degli esami. L’impervia maturità liceale andava in scena in un bollitore...

Negri Notte prima degli esami. Anzi: notti prima degli esami. L’impervia maturità liceale andava in scena in un bollitore...

Negri Notte prima degli esami. Anzi: notti prima degli esami. L’impervia maturità liceale andava in scena in un bollitore...

NegriNotte prima degli esami. Anzi: notti prima degli esami. L’impervia maturità liceale andava in scena in un bollitore di afa indocinese. Accomunati da un vago senso di colpa e da remore risalenti all’asilo, tu e tuo cugino avevate stilato un eroico piano di studio. "Se ripassiamo di notte, giù in garage – avevate convenuto e cospirato – staremo più al fresco e non disturberemo nessuno. Ci terremo svegli col caffè, magari anche con qualche panino e qualche birretta". L’idea che i panini e soprattutto la birra agissero da stimolante, favorendo lucide veglie, era quantomeno discutibile, ma il piano andò in esecuzione. Si cominciò alle 23, dopo che il cugino era rincasato dal giro con la morosa. Tu la morosa non ce l’avevi più. La tua Beatrice ti aveva piantato ad aprile, da allora era germogliato solo dolore e qualche assurda speranza.Avevi pensato anche di portare una tesina sulla tua condizione di amante mollato. Ne avevi parlato alla prof di disegno: lei ti aveva abbracciato, intenerita: "Oh caro, caro: lascia perdere". Il cugino era rientrato con uno sguardo trasognato e un forte appetito: scesi in garage, lui divorava subito una michetta al prosciutto cotto, poi un’altra al crudo. Tu, pur nell’inguaribile, acerbo dolore, non disdegnavi qualche morso alla tua razione di sostentamento. I panini però mettevano sete. Così si stappavano le birre: una, poi due e magari tre. Verso la mezzanotte, assonnati, vi richiamavate al dovere: "Dài, adesso si studia". "Sì, giusto, una bella tirata fino alba...". "Ma prima, un cafferino: prendi il thermos". Era uno strano caffé: lungi dal tenere svegli sembrava invece sprofondarvi in umbratili contrade ovattate. Però studiavate. O almeno tentavate di farlo. In sogno. Alle quattro lo zio, sempre vigile, era sceso a vedere come andava: dormivate di fatto sui libri. Il guanciale di italiano era piuttosto comodo. "Ohi, gioventù – tuonò lo zio – complimenti e sogni d’oro!". Destati di soprassalto, vi guardavate intorno smarriti, boccheggianti, come in apnea da un’acqua cupa. Fuori avanzava la luce di cenere dell’alba. Un giorno in meno agli esami.