
Paul Simon
Milano, 23 giugno 2016 - Stranieri come ricchezza di ritmi e di suoni. Con il fil blue, nella pagina, di Brian Eno, suo recente collaboratore. Paul Simon pubblica “Stranger to Stranger”, suo tredicesimo album da solista, su Concord Records, prestigiosa label del jazz. Un ritorno al futuro che riparte da “Graceland”, un viaggio elettrico e circolare, come un tram all’andata e ritorno. Un vivido e colorato, libero ritratto del musicista, autore e cantante, cinque anni dopo “So Beautiful or So What” (2011. Un lavoro dove l’attesa e la sorpresa sono dietro all’angolo d’isolato di una New York multiculturale, perché qui ritrovo il songwriter maturo degli esordi. Il ritorno a casa. Prodotto da Simon e da Roy Halee non ha un suono o un’idea spettinata, fuori posto, e chiarisce tutto fin dalle prime due tracce, “The Werewolf” e “Wristband”. «È far ascoltare qualcosa - spiega -, ma da una prospettiva insolita. È creare musica che suona come già sentita, e al tempo stesso nuova: musica pervasa da un senso di mistero».
La sperimentazione che parte, ad ogni latitudine, dagli album conosciuti. Una filologica ricerca nella musica world e nell’avanguardia pop. “Insomniac’s Lullaby” rilegge le intuizioni di Harry Partch, il compositore e teorico americano del Novecento che per primo fabbricò nuovi strumenti in grado di produrre intervalli microtonali. Per catturare il suono di questi strumenti inusuali, dal Cloud-Chamber Bowls al Chromelodeon, Simon ha registato al laboratorio della Montclair State University del New Jersey, fra gli strumenti originali di Harry Partch. Flamenco è l’influenza ritmica in “The Riverbank”, “The Werewolf”, “Wristband” e “Stranger to Stranger”, contaminata con la poliritmia meticcia della band. Elettronica ed italiana è l’influenza di Clap! Clap!, dopo che Simon ha scoperto le contaminazioni fra EDM e le registrazioni sul campo in Africa nell’album “Tayi Bebba”. Riconoscibile in “The Werewolf”, “Wristband” e “Street Angel”. “Il suono è l’oggetto di questo album, e ne caratterizza ogni singola canzone. Se la gente lo avvertirà, sarò contento”. E da questo punto di vista questo è un capolavoro nella sua discografia, come la sua voce bellissima, scolpita nell’impero del suono: da tempo non cantava così fuori il tessuto armonico melodico ritmico delle canzoni. Ma la tessitura non abbandona segni e disegni che vengono da lontano, da “Graceland” e il brasiliano “The rhythm of the saints”. Il suo mito da cantautore. In effetti, qualcosa di bello e inaudito. Fino all’ultima acustica chitarra.