Paolo Conte domani al Piermarini: "Io, primo cantautore alla Scala"

Milano, l'artista abbatterà il muro secolare: " E non è detto che non sia pure l’ultimo..."

Paolo Conte

Paolo Conte

Sotto il baffo sornione, un abbozzo di sorriso. Già, perché in uno come Paolo Conte il tanto discettare di questi giorni sulla sacralità della Scala e sulla sua tanto temuta profanazione a colpi di nasi tristi e cravatte sbagliate non può non aver portato un po’ di buonumore. In fondo all’avvocato astigiano piace sentirsi un esperimento.

"Alla Scala sono il primo e quindi non è detto che non sia pure l’ultimo" ammette. Ed è con la coscienza di questa anomalia che Conte domani sera a Milano abbatte un muro secolare, nell’inevitabile scalpore suscitato dal gesto in un contesto conservativo come quello operistico visto che nessun altro cantautore aveva mai messo piede prima di lui nell’emiciclo del Piermarini, che la “chanson” è altro rispetto al melodramma, e che l’evento è un segno di tempi strenuamente rifiutati finora da certi ambienti della cultura italiana aggrappandosi alla tradizione, alla sacralità dei luoghi e, soprattutto, ai finanziamenti pubblici.

L’imputato numero uno per la pretesa presenza dei mercanti nel tempio è ovviamente sovrintendente-direttore artistico Dominique Meyer, bersaglio di polemiche che non tengono conto di un precedente importante; il management di Conte aveva avuto il via libera già una quindicina di anni fa, quando la gestione del Teatro era in altre mani, ma lui non aveva potuto approfittare dell’opportunità per la presenza in agenda di una settimana di concerti a Parigi. Questo debutto sul palcoscenico di De Sabata e Callas, Gavazzeni e Visconti, Pavarotti e Abbado nasce da un appuntamento rimandato.

Fu Paolo Grassi ad aprire le porte a Milva, interprete de “La vera storia” di Luciano Berio su libretto di Italo Calvino, mentre molti anni dopo, nel ’95, Carlo Fontana disse sì a Keith Jarrett che nella sua performance scaligera trovò modo d’inserire pure un classico del pop come “Over the rainbow”. Nel 2007 fu la volta di Bobby McFerrin con la Filarmonica e un programma in bilico tra Mendelssohn e i Beatles, seguito dopo qualche tempo da Stefano Bollani con Riccardo Chailly e un repertorio sospeso tra George Gershwin a Scott Joplin. Un paio i balletti dall’ispirazione pop, non troppo memorabili, vale a dire “L’altra metà del cielo” su musiche di Vasco Rossi (presente alle prove, ma non alla première), e “Pink Floyd Ballet” con coreografie di Roland Petit. Ora è il momento delle stelle del jazz e dei tinelli marron.