
Francesca Michielin
Brescia, 5 ottobre 2016 - Paperella Tour. Se Francesca Michielin aveva confidato in passato la sensazione di sentirsi come un pupazzo di gomma sballottato qua e là dai flutti della notorietà, il giro di concerti che la deposita stasera sul palco della Latteria Molloy di Brescia e domani su quello del Fabrique di Milano prova a darle una direzione. “Anche se a volte ti senti un po’ in balia degli eventi come, appunto, un pennuto galleggiante, non puoi restartene in eterno nella calma piatta della vasca da bagno, ma farti forza e affrontare il mare” ammette la cantante bassanina, 21 anni, a poche ore dal debutto. “Per questo intendo i nuovi concerti come una grande palestra. Se ne uscirò soddisfatta, avrò raggiunto il mio obiettivo. Sarò cresciuta. sul palco, infatti, finora mi sono trovata più a mio agio da sola che con il gruppo e questo cambio di equilibri rappresenta per me una bella sfida assieme alla confidenza con nuovi suoni e effetti mai usati prima quale il vocoder”.
Perché i club? «Perché lo spettacolo ha un’attitudine molto rock. Mi piace l’idea di avere il pubblico a mezzo metro; condizione ideale per le canzoni di un album è suonato e riarrangiato in maniera molto più energica di come è stato registrato. Tuttavia all’interno dello show ho previsto pure un momento “nice to meet you” in cui suono da sola come facevo nell’ultimo tour».
Parecchie novità, insomma. «Per la prima volta avrò pure un merchandising con i simboli - occhio, farfalla, palloncino, scatola, brillante - legati all’iconografia che mi ha caratterizzato la grafica dei miei singoli e la scenografia della performance dell’Eurovision Song Contest».
Ci sono delle cover? «Il tour si chiama Di20are Live e il concetto del “diventare” è espresso pure da canzoni altrui che vanno dagli anni Sessanta ad oggi tracciando un percorso che traversa ‘Whole lotta love’ degli Zeppelin, il pezzo con cui cinque anni fa ho iniziato questa avventura alle audizioni di X-Factor, e “Il mio canto libero” di Battisti così come l’ho proposta pure a Sanremo».
Quali sono gli altri brani nuovi? «Dal vivo finora non avevo quasi mai eseguito canzoni dell’ultimo album che trovano invece spazio in questo spettacolo tipo “diVento”, “Tutto questo vento”, “Sons and daughters” e quella “Almeno tu” che mi ha portata alla Mostra del Cinema di Venezia (grazie alla colonna sonora di “Piuma” il film di Roan Johnson - ndr)».
Potendo avere un ospite internazionale chi vorrebbe? «E me lo chiede? Damien Rice. Tra le cover ce n’è pure una sua. Quest’estate l’ho applaudito a Pistoia Blues e ci ho pure cantato assieme quando, a sorpresa, s’è esibito in strada come un busker qualunque».
Ha vinto “X-Factor” 5 anni fa, come le sembra oggi? «Purtroppo non ho avuto tempo di guardare la tv, ma la giuria mi piace. Sono felice del ritorno Arisa perché per me è un genio; ha una cultura musicale assurda e sa inquadrare perfettamente ogni cosa. Quando ho partecipato io, se non ci fosse stata Simona Ventura avrei voluto tanto avere lei come mentore, perché è eccezionale in quel ruolo. Non plagia gli artisti, né sovrasta le loro personalità».
Un giudice che s’è scelto la maschera del cattivo aiuta di sicuro gli ascolti dello show, ma può aiutare gli artisti? «Le critiche, anche dure, possono servire se sono costruttive. La “cattiveria”, infatti, non può diventare demolizione facendo sentire il “talento” una completa nullità. Oltre al bastone occorre sempre la carota».
Ma lei si siederebbe sulla poltrona rossa di un’Arisa o di un Agnelli? «No. Perché non sono ancora formata completamente e non amo troppo giudicare gli altri».