Loredana Bertè, love story con Milano: “Porta Venezia, il Mudec e quei Telegatti finiti al Leoncavallo”

La cantante, reduce dalla vittoria del Premio della critica a Sanremo con “Pazza”, ripercorre la sua carriera e l’amore per la città che l’ha adottata

Tre scatti recenti di Loredana Bertè

Tre scatti recenti di Loredana Bertè

Milano, 19 marzo 2024 – "La mia è stata una vita sulle montagne russe e a volte mi ha lasciato anche senza fiato" ammette Loredana Bertè, vertiginosa anomalia della canzone italiana che proprio nel 2024 festeggia i cinquant’anni di “Streaking”, suo primo album. Se il suggerimento di fare la cantante lo deve a Bill Conti (poi compositore della colonna sonora di Rocky) che glielo diede durante le prove a Roma dell’opera musicale di Tito Schipa jr. “Orfeo 9”, a portarla a Milano, in Cgd, ci pensò un discografico sui generis quale Alfredo Cerruti.

Definisce Milano “la mia città”. Quando ha deciso di trasferirsi e perché?

"Ho vissuto in tanti luoghi diversi, l’infanzia e l’adolescenza nelle Marche, la prima giovinezza a Roma e poi la maggior parte della mia vita a Milano, con una parentesi di sei anni in Svezia. Ho viaggiato tantissimo e mi sento molto internazionale. A prescindere dal luogo di nascita, ognuno può trovare il proprio posto nel mondo a seconda delle sue aspirazioni e dei suoi sogni. Da molti anni l’ho trovato a Milano, un luogo ideale in cui fare base per muoversi dove si vuole. Per abitare ho sempre scelto posti vicino agli aeroporti internazionali".

Cosa pensa di aver guadagnato dal trasloco Roma-Milano e cosa pensa di aver perso?

"Roma è stata la città dei miei inizi, le prime esperienze in teatro, il cinema. Milano, da molti ricordata come la città della moda, è sicuramente anche la città della musica ed è stata proprio la musica a portarmi qui in modo più stabile. Mi dicono che anche a Roma ora è tutto cambiato rispetto agli anni in cui ci vivevo, quando sembrava tutto possibile e realizzabile perché le occasioni artistiche erano tante.

A Roma ci si conosceva tutti e bastava il passaparola. Quando mi sono trasferita a Milano, la città grazie alla moda era una città viva e aperta. Ho conosciuto Fiorucci e per lui sono stata anche a New York; proprio bevendo un caffè al bar del suo negozio ho fatto la conoscenza di Andy Warhol. Cerco di prendere sempre il massimo dai luoghi in cui vivo; non mi adatto alle città, ma le faccio diventare a mia misura".

“Milano in macchina, una sera che piove / La radio sempre accesa, brucia la nostra canzone” dice il testo di “Una sera che piove”. Quanto c’è di autobiografico?

"Quel pezzo l’ha scritto Bernardo Lanzetti, l’ho cantato più volte nei concerti e si trova pure in ‘Ribelle’ la raccolta appena uscita. Da interprete mi riconosco in queste parole. Quando mi è stato proposto vivevo già a Milano da un po’, quindi di sere piovose a inseguire amori più o meno importanti ne ho passate diverse. Penso che anche tante altre donne milanesi si siano ritrovate a vivere questa scena in macchina sotto la pioggia, tipica di certe giornate in città".

Qual è la sua Milano?

"Ho vissuto in diverse zone, da via Ariosto a Città Studi, i Navigli offrono ancora un bel tuffo nel passato. Il mio luogo del cuore è il Leoncavallo, ho regalato loro tutti i miei Telegatti. Milano è una città internazionale con tante proposte culturali, mi piace il Mudec per le mostre, lì ne ho vista anche una eccezionale dedicata a Jean Michel Basquiat. Ora esco poco per locali, con la mia manager a pranzo o a cena andiamo in zona Porta Venezia".

Proprio a Milano, anzi ad Assago, è voluta tornare al suo pubblico un mese dopo l’esperienza di Sanremo.

"Il concerto d’inizio marzo al Teatro Repower è stato fantastico, una serata che ricorderò per sempre. Ho sentito fortissimo l’amore del pubblico e son felice di avere ricominciato con i live proprio da qui".

A proposito di Festival, numeri alla mano risulta che s’è giocata l’ingresso nella cinquina finale la sera del venerdì, quella delle collaborazioni. Potendo tornare indietro farebbe altre scelte?

"Sono contenta di quello che ho fatto, forse potevo scegliere un brano più famoso per la serata delle cover e allargare il voto. ‘Ragazzo mio’ è una delle canzoni di Tenco meno conosciute al grande pubblico ma da tempo avevo il sogno di portarla sul palco dell’Ariston nell’arrangiamento di Fossati e finalmente l’ho realizzato. È andata così e va bene così".

Qual è il più bel ricordo che le ha lasciato Sanremo?

"La foto con il Premio della Critica tra le mani".

Le è bruciata l’esperienza di “Una voce per San Marino”?

"Ho visto che in tantissimi son rimasti dispiaciuti e ringrazio tutti, ancora una volta mi sono messa in gioco. Credo che anche per San Marino avere me in gara in Svezia e non un gruppo spagnolo sarebbe stata sicuramente tutta un’altra competizione".

Il 28 aprile la attende il concerto sul palco del Ponchielli di Cremona. Due anni dopo l’ultimo tour in scena va la stessa Loredana del 2022 o il tempo ha cambiato qualcosa?

"Son successe tante cose soprattutto dall’inizio dell’anno… il Festival di Sanremo, quel Premio della Critica che sembrava irraggiungibile… Sicuramente un cambiamento c’è stato, la mia indole è sempre quella della ragazza ‘che per poco già s’incazza’, ora mi amo un po’ di più e sento l’abbraccio fortissimo del pubblico che non mi ha mai abbandonato".

Il pettirosso da combattimento ha deposto le armi (almeno con se stesso)?

"Ho provato a deporre le armi con me stessa, ma continuo a tenere alta l’attenzione su tanti fatti che accadono, sui diritti conquistati dalle donne che vengono messi in discussione. La Festa delle Donne che dovrebbe cambiare nome e chiamarsi Festa Internazionale dei Diritti delle Donne perché c’è veramente poco da festeggiare".

Pensa?

"Sì, vedo ancora tante ingiustizie, recenti immagini tremende in Italia di studenti contro la guerra bloccati con la forza e di fronte a queste bisogna continuare a farsi sentire. Da giovanissima ero nel cast del musical ‘Hair’ e sono rimasta sempre dalla parte della pace, la violenza non è mai la medicina giusta, non debella la malattia, ma uccide il paziente. La guerra non è mai la soluzione".

Potendo avere per una sera sul palco chiunque, chi chiamerebbe?

"Ormai è impossibile, ma immagini come sarebbe un concerto insieme a Tina Turner, la regina indiscussa del rock per la sua grinta e il suo stile. Un’artista che mi ha sempre ispirata e che come me ha saputo sempre rinascere. Ci siamo pure conosciute, alla Vela D’Oro. Lei era arrivata in Italia per fare promozione ed io ero lì per cantare ‘Ragazzo mio’. Insieme avremmo potuto fare un grandissimo inno al rock".

Sono passati tre anni dall’uscita di “Manifesto”. È iniziato il lavoro su un nuovo album?

"Insieme al produttore Luca Chiaravalli con ‘Pazza’ abbiamo fatto un bel pezzo rock che si è distinto tra tutti quelli presentati in gara con le chitarre che ti prendono subito. Non smettiamo mai di lavorare per creare nuove canzoni. Sono uscita con musica nuova quando avevo qualcosa da dire senza seguire scadenze e con la stessa libertà di sempre sto pensando a un nuovo album".