
Intrecciare i linguaggi. Mescolare i piani della realtà. Spostare lo sguardo dello spettatore. È una ricetta preziosa il teatro...
Intrecciare i linguaggi. Mescolare i piani della realtà. Spostare lo sguardo dello spettatore. È una ricetta preziosa il teatro di Claudio Autelli. Anche per le ramificate ispirazioni letterarie e il quotidiano confronto con la drammaturgia contemporanea. Visione da cui è nato "L’eterno marito", breve romanzo di Dostoevskij (adattamento Davide Carnevali), solo stasera al Fontana. Un duetto. Fra Aleksej e Pavel. Al primo le cose non girano bene; il secondo vuole chiarire alcune faccende del passato, visto che l’amico era stato l’amante della moglie. In mezzo una figliola illegittima. A cui è meglio non affezionarsi. Una parabola sulla fragilità del nostro mostrarci al mondo. Sulle scelte, le aspettive, i fallimenti. Affidata a due ottimi interpreti: il premio Ubu Francesco Villano e Ciro Masella.
"Di questo lungo racconto mi hanno affascinato i dialoghi – sottolineava al debutto Autelli –, il cinismo caustico che non è così facile ritrovare in altre opere di Dostoevskij. Questi confronti notturni, misteriosi sull’animo umano che hanno al loro fondo come un non detto e che diventano eco emotiva degli errori compiuti. Mentre al cuore del lavoro rimane l’indagine sul fallimento, su come crolla il tentativo molto contemporaneo di raccontarsi all’esterno in modo ideale. Il confronto feroce con le aspettative che abbiamo su noi stessi".
Sul palco si gioca con i piani della realtà. I temi dei personaggi si confondono con i temi degli interpreti. Mentre emerge un’atmosfera conturbante. Un viaggio febbricitante in bilico fra la commedia, il noir, l’apologo esistenzialista. All’interno di una struttura circolare, dove alla fine ci si ritrova a un passo dal ricominciare tutto da capo. Saremo in grado di interrompere per una volta l’ineluttabilità dei nostri errori?
Diego Vincenti