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Cultura e Spettacoli

Martina Arduino, stella alla Scala: La Bayadère? Un sogno romantico

La prima ballerina è Nikiya, debutto davanti al pubblico giovane al Piermarini: «”Serve una grande tecnica”. “Sul palco danzo con il mio fidanzato Marco Agostino, sappiamo come affrontare qualsiasi situazione”

Martina Arduino, stella alla Scala

Martina Arduino, stella alla Scala

”La Bayadère è nel mio cuore; l’abbiamo studiata poco prima della pandemia, poi si è fermato tutto e non l’abbiamo più danzata" racconta Martina Arduino. Prima ballerina della Scala è in scena questa sera e sabato nello storico balletto con la coreografia e regia di Nureyev, tratta da Petipa, supervisione di Manuel Legris, direttore artistico del Corpo di Ballo scaligero, musica di Minkus, sul podio Kevin Rhodes. Ballerina elegante, potente e di sconvolgente espressività, Arduino danza con Marco Agostino, primo ballerino della Scala e suo fidanzato. Con ironia aggiunge: "In fondo questo balletto per me non è un debutto, mi sembra di averlo già ballato, forse sognato". Questa sera recita per gli under 30/35 con tariffe promozionali.

Come si sente alla prima?

"Da una parte l’adrenalina sale, dall’altra vorrei essere già in scena. Abbiamo lavorato tutti molto bene, scavato nei dettagli, nei gesti e nei passi. Questo balletto richiede una tecnica pazzesca ma la trama permette un’interpretazione profonda, i personaggi traboccano di sentimenti contrastanti".

Perché, secondo lei, La Bayadére è stata poco rappresentata in Italia e in Europa?

"Le origini non sono chiare, Gautier si era innamorato del racconto e aveva scritto un libretto, lo stesso avviene a Petipa. La storia racconta di Nikiya danzatrice/sacerdotessa al tempio che rifiuta le avances del bramino perché è innamorata di Solor che le ha giurato amore eterno. Una promessa fasulla, come quella che Albrecht fa Giselle; il principe Solor è promesso sposo a Gamzatti, la figlia del Rajah. Durante i festeggiamenti per il loro matrimonio Nikiya è invitata a ballare, per la sua grazia le verrà offerto un cestino di fiori al cui interno è nascosto un serpente velenoso. La giovane, consapevole di non poter sopravvivere al morso del rettile, continua a danzare fino alla morte. Solor disperato fuma una sostanza letale che lo condurrà al Regno delle ombre dove la sacerdotessa gli apparirà come un fantasma".

Come la rappresenta?

"Ci sono tre momenti chiave: quando Nikiya è al tempio cerco di esprimermi con una sacralità nei gesti come fosse un mantra, quando danza con Salor ritrova sé stessa, è autentica. Nel Regno delle ombre è una visione di Salor, uno spirito che non può più tornare indietro, il passo a due non è come quello danzato per sugellare il loro amore, è freddo, assente: Nikiya non è più di questo mondo".

Un miscuglio di romanticismo, avventura, viaggio, esotismo e sovrannaturale.

"Emilio Salgari aveva fatto scuola. I suoi romanzi – come “Le tigri di Mompracem“ - erano letti nei salotti europei e anche la danza s’ispirava all’autore. Nel secolo scorso del balletto veniva spesso rappresentato solo il Regno delle ombre. Visitando la mostra “Rodin e la danza“ al Mudec ho scoperto alcune immagini, filmati delle ballerine cambogiane ospiti all’Exposition de Paris del Novecento in cui ci sono passi, posizioni ripresi nella Bayadère e che Rodin aveva dipinto, scolpito".

Eppure la drammaturgia sembra più semplice.

"Perché al centro c’è una storia impossibile, emblema del Romanticismo, l’amore ideale che non può esistere nella realtà".

Da ogni ruolo che interpreta riceve qualcosa.

"Rivedendo quelli interpretati negli ultimi anni, il mio prima pensiero va a Tatiana di Onegin, il primo grande ruolo artistico della mia carriera. A 19 anni sono stata Giulietta nella coreografia di MacMillan: averla ripresa sei anni dopo, da prima ballerina, è stata un’esperienza incredibile, mi sono resa conto di quanto fossi cambiata. Amo la complessità di Nikiya, le sue variazioni artistiche; in questi anni ho ballato anche brani moderni, contemporanei, ho scoperto nuove estensioni e linguaggi".

Cosa significa danzare con Marco?

"Sapere già come affrontare ogni situazione, ci conosciamo perfettamente. Nel percorso che va dal teatro a casa cerchiamo di concludere ogni conversazione sul nostro lavoro così quando arriviamo a destinazione ci rilassiamo".

Cosa fate quando siete liberi?

"Andiamo in campagna da mio nonno oppure a Parigi dove vivono il fratello di Marco, sua moglie e i nostri nipotini. E facciamo gli zii".