
I Fast Animal and Slow Kids
ll più grosso errore di marketing della loro carriera? Chiamarsi Fast Animal and Slow Kids, assicurano. Ma quel nome (e soprattutto l’acronimo FASK) gli ha portato una fortuna sfacciata. Lo conferma il pienone con cui la band perugina sbarca stasera al Fabrique, nell’attesa di tornare il 25 luglio all’Arena Estiva Fiera di Bergamo e il 15 settembre al Carroponte di Sesto San Giovanni. Intanto ieri Aimone Romizi & Co. sono transitati in redazione al Giorno per parlare di concerti e dell’album “È già domani” uscito lo scorso settembre sulla scia di singoli quali “Come un animale” e “Senza deluderti”.
Milano è l’ultima fermata del vostro tour primaverile. "Siamo nel bel mezzo del tour con una grande carica. L’album è già stato assimilato bene dal pubblico che lo canta integralmente, a prescindere dal fatto che i brani siano diventati singoli o no. In un’epoca di ascolti da playlist, questo è un fenomeno abbastanza singolare. Questo è il nostro concerto più cantato di sempre. Un bel modo per ricominciare".
Al Fabrique ci sarà pure Willie Peyote. "È un amico con cui ci piace passare il tempo assieme, anche solo davanti ad una birra. Ci abbiamo appena registrato assieme ‘Robespierre’, uno dei brani del suo nuovissimo album ‘Pornostalgia’ restituendogli la cortesia che ci aveva fatto condividendo con noi ‘Cosa ci direbbe’".
Un sogno mostruosamente proibito? "All’unisono potremmo rispondere: Bruce Springsteen. Per noi è la Bibbia del rock; di come si scrive una canzone, di come si suona dal vivo, di come ci si rapporta coi fans, di come si rimane sulla strada per così tanto tempo. Pensare a lui significa pensare al futuro".
L’anno prossimo festeggiate quindici anni di storia. "Scoprire i Fask dal vivo è una bella esperienza, credo che questa band riesca a comunicare l’onestà della musica che fa".
In questo stato di cose, quanto conta il fatto di venire dalla provincia? "Quello della provincia è un mondo relativamente protetto, in cui mondo e regole difficilmente si stravolgono. Forse è un limite, ma proprio questo ci ha inscatolato in un pensiero che è quello che affiora dalle canzoni. Insomma, ci siamo avvicinati al music business dopo la music".
Un pensiero a Sanremo continuate a farlo? "Dipende cosa ci vai a fare su quel palco, devi portare qualcosa di rappresentativo".
Che cover che fareste la sera del venerdì? "Ora che il Festival s’è aperto al grande repertorio internazionale: ‘Born to run’. Oppure, perché no, una cover beat italiana tipo ‘Un ragazzo di strada’ dei Corvi".