
Il pianista Ludovico Einaudi mentre suona fra i ghiacci
Milano, 7 dicembre 2016 - Una delle immagini più potenti lasciata da Ludovico Einaudi tra le pieghe di un 2016 carico di soddisfazioni per lui è quella in cui che esegue al pianoforte la sua “Elegy for the Arctic” su una piattaforma galleggiante alla deriva nel Mar Glaciale Artico. E quel senso di pace, di assoluto, di purezza che pervade certi non luoghi della memoria è la stessa con cui “Ludo” lega i sei concerti che da domani al 13 dicembre lo vedono in scena a Milano, intenzionato a liberare l’anima come se invece di trovarsi sul palco del Dal Verme fosse ancora in navigazione ai piedi del ghiacciaio Wahlenbergbreen, Isole Svalbard (Norvegia), per unire la voce della sua tastiera a quella degli attivisti di Greenpeace in difesa dell’Artico. “Se non fosse musica, il mio ultimo album Elements sarebbe una mappa dei pensieri, a volte chiari, a volte sovrapposti, punti, linee, figure, frammenti di un discorso interno che non si ferma mai” spiega Einaudi, l’artista classico più in streaming del mondo, capace di raggiungere tutte le prime dieci posizioni nella Top 10 dei singoli di musica classica di iTunes come accaduto in Inghilterra un anno fa grazie, uno stuolo di fans planetario in cui figurano pure Lang Lang, Iggy Pop, o Nicki Minaj.
“So che la Minaj è una mia ammiratrice e che usa la mia musica per entrare in scena - ammette il compositore torinese, 61 anni, cresciuto al Conservatorio di Milano dove ha studiato con Luciano Berio - conosco qualche brano di Nickj e la rispetto come artista. Anche se non riesco ad ascoltarla tutto il giorno, la trovo una splendida esponente del pop americano”. Per l’autore de “Le onde” quella di tendere ad un ascolto sempre più trasversale s’è rivelata la carta vincente di una carriera che oggi, quanto a scaricamenti, vede Einaudi sopravanzare su Spotify i più grandi autori della classica. “Da sempre, il mio cuore è più vicino al rock’n’roll che ad altri generi- dice - Nella mie opere, infatti, cerco proprio quella immediatezza”. Un desiderio che lo spinge a citare fra le fonti d’ispirazione gente come Portishead e Radiohead, oltre ai “pezzi teatrali” di Eminem.
Einaudi dice d’inseguire gli stessi sentimenti di gioia, smarrimento, desiderio e frustrazione che animano il rap e il rock. E nella sua educazione sentimentale accanto a Berio o a Karlheinz Stockhausen, ci sono i Rolling Stones. Le figure del nonno Luigi, capo dello Stato, e del padre Giulio, editore di Levi e di Calvino, non hanno mai frenato il suo desiderio feroce: quella passione per la musica trasmessa dalla madre Renata Aldovrandi, figlia di Wando, compositore e direttore d’orchestra che per non suonare l’inno fascista emigrò a Sydney. P in Italia tutte le sue cose, compre “A scuola non avevo alcuna sintonia con i miei insegnanti: li odiavo, pienamente ricambiato” assicura. Un mondo troppo rigido per uno come lui che ha sempre amato evadere e racchiudere eventualmente i suoi mondi nell’obiettivo di una Leika “impostata per scattare solo foto in bianco e nero” scegliendo soggetti e inquadrature che somigliano alla sua musica. “Ho provato a frequentare diverse scuole, ma i miei veri interessi rimanevano la musica e la fotografia. Sono cresciuto negli anni ’60 e come in Blow-up pure io sognavo di fare il rocker, il fotografo e girare il mondo”.